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VALENCIA - Trent'anni il prossimo giugno, Mitch Evans è l'indiscusso Re di Roma, almeno in Formula E. Il pilota neozelandese si è imposto 4 volte sul circuito dell'Eur, dove ha conquistato anche un terzo posto, una pole e contabilizzato due giri veloci. Quella dalla capitale è la sua "pista cassaforte" in termini di punti. Con 10 gare vinte finora è uno dei protagonisti di maggior successo del mondiale elettrico: nelle ultime due stagioni ha chiuso secondo e terzo. Gli manca solo il titolo. E, nel 2024, gli mancherà forse anche Roma: «Spero che ci torneremo in qualche modo, altrimenti mi mancherà, sì», dice.
Mancherà solo a te?
«Credo che mancherà a tutti, non solo a me, che ho avuto buoni risultati. Io amo la città, la pista e l'evento... Per me la gara di Roma rappresenta tutto quello che deve rappresentare la Formula E. Sono rimasto sorpreso di non vederla nel calendario».
L'anno scorso, proprio a Roma, sono successe alcune cose, inclusa la tua monoposto parallela in aria sopra Cassidy...
«Ci siamo chiariti, anche se in realtà non c'era molto da chiarire, ma era giusto parlarne. Un episodio strano e la colpa era mia, naturalmente. Mi è veramente dispiaciuto anche per lui, che aveva le sue possibilità. Purtroppo è accaduto nel momento sbagliato: se fosse stato all'inizio della stagione sarebbe stato diverso».
Con che ambizioni partite in questo nuovo campionato?
«Credo con le spalle larghe e con molta fiducia se guardi alla seconda metà dell'ultima stagione quando abbiamo vinto diverse gare e ci siamo dimostrati tra le squadre più competitive. Ma immagino che anche gli altri team siano cresciuti».
La macchina non è diversa.
«L'hardware non è cambiato, ma abbiamo lavorato sul software e abbiamo ancora spazi per crescere. Saremo competitivi e ho buone sensazioni. Confido in un avvio “pulito”, perché l'anno scorso non è stato così».
Nick Cassidy adesso è tuo compagno di squadra, due neozelandesi alla Jaguar.
«È pazzesco. Abbiamo la stessa età, siamo grandi amici e siamo cresciuti assieme da quando abbiamo 6 anni e ora corriamo assieme per uno delle più grandi case automobilistiche al mondo: una bella storia. Abbiamo anche la responsabilità di provare a raggiungere quello che Jaguar ha in mente, ossia i titoli piloti e costruttori».
Ci sono sempre più circuiti fissi in Formula: cambia il suo Dna?
«Un po'. Queste macchine sono state disegnate per correre nelle strade, ma ogni anno ci si sposta sempre di più nei circuiti permanenti. Non conosco le reali ragioni per questa decisione e credo che sia più una domanda per gli organizzatori. Adoro i circuiti cittadini per via delle sfide che nascondono e del carattere che hanno».
Significa che opteresti per i tracciati urbani?
«Alcune piste in cui abbiamo corso erano troppo strette e tortuose, soprattutto per le nuove auto. Guardando al futuro e intuendo quello che le nuove monoposto potranno fare è evidente che non si potrà più gareggiare negli stessi circuiti».
Quindi meglio monoposto meno performanti e piste cittadine o bolidi più potenti e circuiti permanenti?
«Domanda difficile perché voglio vedere questa tecnologia evolversi e voglio che queste macchine vadano più veloci. Siamo in un periodo di transizione e credo che i veicoli elettrici abbiano così tante potenzialità che non abbiamo ancora visto che temo saranno le piste a rimetterci. Ripeto: adoro i circuiti cittadini, ma non vorrei che questo andasse a limitare l'evoluzione delle auto elettriche».
Come ti spieghi i tempi più bassi di Valencia?
«È una combinazione fra tre elementi. Come piloti conosciamo meglio e macchine: l'anno scorso erano completamente nuove e dovevamo ancora comprenderle. Poi ci sono anche stati sviluppi nelle monoposto e poi c'è il nuovo asfalto della pista».