Chiara Ferragni, la parabola dell'influencer: il cyber-populismo si sfoga su di lei. Cosa sta succedendo

Dopo le inchieste e la fuga dei marchi continua il tiro al bersaglio sull'influencer

Chiara Ferragni, la parabola dell'influencer: il cyber-populismo si sfoga su di lei. Cosa sta succedendo
di Mario Ajello
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 06:23 - Ultimo aggiornamento: 08:13

Ieri era il compleanno di Chiara Ferragni: 37 anni. Ed è stata massacrata - perché ormai questo è il top trending, questa la furia di ribaltare le icone e di decapitare verbalmente gli idoli - perfino per come ha festeggiato la ricorrenza.

È andata a ballare a Los Angeles, come una giovane donna tra tante, senza esagerazioni divistiche, senza sfrenatezze: ma anche se ci fossero stati comportamenti ritenuti strani sopra le righe, che male ci sarebbe stato? Perché mai non avrebbe dovuto fare, nei limiti della decenza, ciò che si sentiva di fare per divertirsi con gli amici e farsi fare gli auguri dall'altra parte dell'Oceano e da chi ancora si ostina a seguirla - a quando un divieto pubblico di interagire con lei? - sui social da qui?

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La parabola di Chiara

Il fatto è che ormai, su Ferragni, c'è uno stillicidio.

Ed è un atteggiamento morboso e civilmente riprovevole quello di gustarsi, quasi fosse un pandoro, l'inarrestabile caduta di Chiara e il tiro al bersaglio su di lei. Come un'intera nazione di tricoteuses ai piedi del patibolo su cui è esposta una giovane donna, non si fa che assistere compiaciuti e senza pietas al capitombolo di Chiara dal piedistallo di brava, bella, fortunata e "divina" su cui veniva prima idolatrata.


Specie chi non ha mai ammirato troppo il modello Ferragni, l'iper-commercializzazione di sé e dei suoi prodotti (figli compresi), l'ostentazione ammiccante del corpo semi-nudo, l'ossessione del messaggio virale, la caduta di ogni barriera tra il personale e il pubblico, deve provare a difendere la dignità di Ferragni. La quale, dopo Pantène, i pandori Balocco, le uova pasquali, la bambola Trudi e tutte le altre griffe e semi-griffe che l'hanno mollata e a cui tanto è servita in termini di glam, adesso ha perso anche il supporto di Community, l'agenzia di comunicazione che aiutava la reietta a rifarsi l'immagine e a risalire la china.

 


La parabola di Chiara è quella in cui le inchieste e il senso comune, non accompagnato dal buon senso, trattano una cittadina come una malafemmena e c'è un'ansia di vendetta in modalità colonna infame di manzoniana memoria e in ossequio a un populismo giudiziario che impressiona. No, non è affatto un bello spettacolo quello di una persona bandita e bannata, vittima di isolamento sociale e anche peggio: di cyber-bullismo da leoni di tastiera - gli stessi che la facevano volare sui suoi social ridotti ormai in macerie - e di veri e propri atti di vandalismo come le scritte apparse mesi fa sui vetri di uno dei suoi negozi. Questo criminal show racconta l'immaturità di un parte di noi che cerca il capro espiatorio su cui scaricare il proprio bisogno di odio e si odia più intensamente, come si sa, le persone che si sono amate e anche malamente amate.

L'IDEOLOGIA

Vedere un individuo in un angolo, contro cui tutti infieriscono, provoca un disagio di tipo costituzionale. E verrebbe da provare simpatia per chi ha osato la hybris - che non è una marca di profumi - e per chi ha avuto la tracotanza di sfidare a suo modo il divino, e poi viene colpito dall'inesorabile catastrofe. Non scomodiamo Prometeo incatenato per aver donato il fuoco agli uomini. Anzi l'invenzione ferragnesca dell'ideologia influencer appare più come il segno ulteriore di una decadenza piuttosto che come una nuova forma di democrazia e di libertà. E tuttavia, Joker (così è stata effigiata sulla copertina di un settimanale), no! E no alla "lettera scarlatta" che pare non finire mai e chiunque vada a leggersi o rileggersi quel libro drammaticissimo di Nathaniel Hawthorne non può che solidarizzare in questo momento con l'influencer abbandonata. Perché sembra metaforicamente gravare su di lei Piazzale Loreto, quando invece i processi - se è il caso di farli - si fanno in tribunale e al netto dell'onda emotiva e del contesto incattivito.


Anche il Napoleone sconfitto e solitario a Sant'Elena e Maria Antonietta che cammina a testa bassa, umiliata e irrisa verso la forca, avrebbero dovuto provocare un senso di rispetto. Qui si parla naturalmente di molto meno. Ma tanti non vedevano l'ora di scaricare la propria rabbia sociale, e nel caso delle aziende con chi Chiara ha collaborato, di lavarsi l'anima con il metodo peggiore che è quello del calcio dell'asino e della damnatio memoriae. In un'intervista, Ferragni ha confidato: «Sono imperfetta anch'io». Ma perché mai, in una società che si ritiene secolarizzata, le imperfezioni devono diventare peccati inemendabili e maledizione sociale?

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