Il numeroso pubblico che affolla gli stand del salone di Parigi 2016

Elettro show, i giganti del settore si riprendono la scena

di Oscar Giannino
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PARIGI - Il Mondial de l’Auto di Parigi si è chiuso qualche giorno fa e ha testimoniato ancora una volta che l’automobile tutto è, tranne che un prodotto industrialmente maturo. Trazione, connettività, produzione, distribuzione: in ciascuno dei quattro pilastri del mercato dell’auto l’impatto delle nuove tecnologie è elevatissimo, e chiama a investimenti di tale scala da disegnare un futuro che per molti versi è discontinuo rispetto al passato.
Ma attenzione: discontinuo nelle tecnologie e nei costi, non nei protagonisti. Una premessa. A settembre si è chiuso il 37esimo mese di crescita complessiva del mercato dell’auto europeo. La somma dei paesi Ue ed Efta ha segnato un confortante +7,7% sull’anno precedente, con 23 paesi che crescono più della media dell’area, e tutti in territorio positivo tranne Svizzera e Olanda. Tra i 4 maggiori mercati, l’Italia è in testa con +17,4% sul 2015, poi la Germania con +6,1%, la Francia a +5,7%, e infine il Regno Unito con +2,6%.

L’Italia potrebbe andare ancor meglio, visto che altrove la crescita è trainata più che da noi da flotte e noleggi per via dei diversi benefici fiscali, ma è un tema che riprenderemo quando ci sarà il testo preciso della legge di bilancio italiana per il 2017. Il mercato europeo dell’auto mostra dunque una significativa asimmetria rispetto alla frenata generale del Pil che è nuovamente in corso, per gli effetti esogeni che vanno dalle correzioni al ribasso del commercio mondiale, alla frenata cinese, alle tensioni con la Russia, alle divergenti aspettative sulle politiche monetarie euro-americane. È vero che gli acquisti di auto hanno un andamento temporale ordinariamente posticipitato rispetto agli andamenti del Pil.

Ma in realtà è forse venuto il tempo di dire una cosa che divide economisti e previsori. Nell’automotive più che altrove, siamo in presenza di una rottura tecnologica che smentisce i prestigiosi sostenitori – come Larry Summers e Paul Krugman - della “stagnazione secolare” dei paesi avanzati, dovuta a loro giudizio alla bassa produttività aggiuntiva dell’attuale innovazione tecnologica. Nell’auto è vero il contrario. Uno studio presentato da AlixPartners due mesi fa stima le auto diesel vendute al 2030 in Europa per una quota pari solo al 9%, rispetto al 50% attuale. A predirlo per primo era stato 11 anni fa Rinaldo Rinolfi, uno dei padri di quello straordinario successo tecnologico mondiale che fu il common rail Fiat. I diesel avrebbero raggiunto un picco oltre il quale gli investimenti per abbattere NOx e CO2 li avrebbero resi incompatibili con le miniutilitarie, perché altre tecnologie sarebbero divenute prevalenti e a minor costo.

La domanda se la trazione elettrica è destinata a rapidi successi nel mercato non ha una risposta rappresentata solo dalle tante vetture elettriche, di serie o concept, presenti al salone di Parigi. Quel che conta sono le determinanti di prezzo dell’innovazione. Ebbene il prezzo medio della dotazione di batterie litio-ioni per le auto elettriche è caduto del 65% dal 2010 a oggi, da più di mille dollari per kwh a poco più di 300. Poiché il costo delle batterie è stato a lungo il maggior freno per il successo di massa della trazione elettrica, siamo in presenza di un vero salto di fase che spalanca le porte alle utilitarie a prezzi sostenibili. E a questo salto di fase se ne collega inevitabilmente un altro: la trazione elettrica è tecnologicamente abilitante alle applicazioni di massa ride-hailing del trasporto urbano, cioè al collegamento in rete dell’auto ai sistemi di pagamento digitali e alla piena connettività simmetrica dual use con l’intera rete di utilities del trasporto, che siano digitalmente in grado di offrire in tal modo servizi e soddisfare domanda.

È come una rivoluzione-Uber estesa non ai servizi di trasporto su domanda, ma all’intero traffico urbano ed extra urbano di tutti, privati e pubblici. Nel 2016 la stima è che siano stati investiti 11,3 miliardi di dollari in questo tipo di tecnologie, al momento solo nelle grandi aree urbane leader nel mondo. Ma è una cifra superiore di 3 volte a quelle di 24 mesi prima, e destinata a moltiplicarsi vertiginosamente. La diminuzione delle batterie da oltre il 40% del costo di realizzazione di un auto a meno del 20% è dunque un’occasione di quelle che sui producono ogni tot decenni, non è uno sviluppo incrementale ma di rottura.

Ma mentre molti pensano alla rivoluzione elettrica e di connettività, pochi tranne gli specialisti hanno presente cosa Industry4.0 signifca per la produzione e l’assembleaggio customizzato delle auto, non solo abbattendo drasticamente i tempi di soddisfacimento della domanda di nuove specifiche e diversi allestimenti richiesti dal cliente, ma “creando” domanda aggiuntiva. Nel breve volgere di tempo di 1-3 anni, Internet of Things metterà a disposizione dei grandi produttori la piena connettività automatizzata di tutta la gestione di produzione, e in tempo reale: ciò implica un margine di abbattimento dei costi realizzativi tra il 5 e il 12% a seconda dei modelli e del prezzo, ma soprattutto una flessibilità totale dei tempi di realizzo e un drastico abbattimento di quelli di consegna.

Com’è ovvio, tutto questo implica investimenti di decine e decine di miliardi di euro, di centinaia a livello mondiale. Ed è questo che spiega perché Apple pochi giorni fa ha deciso di mollare lì il suo velleitario progetto di realizzare in proprio un auto self driven, per concentrarsi invece su una piattaforma software da declinare a seconda delle case produttrici che la adotteranno e svilupperanno insieme al colosso di Cupertino. La stessa decisione aveva assunto Google pochi mesi prima. Mentre Tesla crede ancora di poter sviluppare e produrre in proprio sistemi self driven e di conettività, ma è solo questione di tempo prima che si arrenda alla realtà. Le nuove tecnologie di trazione, connettività, produzione e autoguida sono stimate in un mercato da 670 miliardi di dollari al 2030 dalla McKinsey. Ma per avere successo bisogna avere l’esperienza industriale e la forza finanziaria che possono permettersi solo colossi mondiali, che stanno nel mercato dell’auto da decenni se non da oltre un secolo.
 

 


 

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Mercoledì 2 Novembre 2016 - Ultimo aggiornamento: 22:06 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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