nel 1999 la BMW colse la sua unica vittoria assoluta a Le Mans con la LMR V12 guidata da Pier Luigi Martini in equipaggio con Yannick Dalmas e Joachim Winkelhok

Un V12 entrato nella leggenda per i bavaresi 2 trionfi d’autore. Quando Bmw vinse con Pier Luigi Martini al volante

di Sergio Troise
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Dici Le Mans e il pensiero corre alle epiche imprese di Tazio Nuvolari con l’Alfa Romeo, alle sfide tra Ferrari e Ford, ai successi dei tedeschi della Porsche, degli inglesi di Bentley e Jaguar e, in tempi meno remoti, alle imprese di case generaliste come Audi, Mazda, Peugeot, Renault, Toyota… Tutte capaci di assicurarsi un posto nella storia della corsa più dura del mondo, un banco di prova estremo per macchine e piloti. È in questo contesto che si svolgerà, dal 14 al 15 giugno, la 93ma edizione della 24 Ore, quarto round del FIA World Endurance Championship che vede la Ferrari tra le favorite. Ma attenzione: l’edizione numero 93 della mitica maratona segna anche un anniversario importante per una casa tedesca che giusto 30 anni fa, nel 1995, colse con il suo V12 una vittoria da favola sia pure come partner della McLaren.

Parliamo della BMW, che all’epoca forniva il motore agli inglesi per equipaggiare la supercar McLaren F1 GTR #59: un V12 6.0 litri aspirato, sviluppato specificamente per quell’auto, nell’occasione guidata da JJ Lehto, Yannick Dalmas e Masanori Sekiya. Quella vittoria è rimasta scolpita nella memoria in quanto non era mai successo prima che un’auto iscritta nella categoria GT s’imponesse nella classifica assoluta, battendo i più potenti e sofisticati prototipi. Se non bastasse, fu quella anche la prima vittoria degli attuali dominatori del campionato di Formula 1, un exploit al primo tentativo in una gara di durata che premiò anche i piloti: mai prima d’allora un finlandese (Lehto) e un giapponese (Sekiya) avevano vinto a Le Mans. 

Come si arrivò a tanto? Le cronache dell’epoca riconobbero il valore della macchina, del motore e dei piloti, ma molto del “merito” di quel trionfo scolpito nella storia della 24 Ore venne attribuito alla pioggia che per 17 ore condizionò la corsa dei prototipi più potenti, favorendo la gran turismo anglo-tedesca con carrozzeria chiusa, tergicristalli efficienti e una trasmissione “salvaguardata” da una guida meno aggressiva. A trent’anni di distanza, nell’imminenza dell’edizione 2025, la BMW sarà ancora al via della 24 Ore, con due vetture: le BMW M Hybrid V8.
La Casa bavarese, però, sarà al via anche nella categoria riservata alle Gran Turismo del FIA WEC (LMGT3) con Valentino Rossi.

Difficile fare pronostici, ma a Monaco nessuno ha dimenticato ciò che avvenne nel 1999, quando la BMW colse la sua unica vittoria assoluta a Le Mans con la LMR V12 guidata da Pier Luigi Martini in equipaggio con Yannick Dalmas e Joachim Winkelhok. Classe 1961, romagnolo di Lugo, 118 Gran Premi di Formula 1 in carriera (ben 102 con Minardi), Martini ha scritto il proprio nome nell’albo d’oro della 24 Ore quando aveva già annunciato il ritiro dalle competizioni. Nel 1999 aveva 38 anni, voleva dedicarsi alla famiglia e avviare una nuova attività, ma le insistenze di Gerhard Berger (all’epoca ds della BMW) lo convinsero a rimettersi al volante di un’auto da corsa. Scelta rivelatasi giusta, sia per la BMW che per Martini.

Dopo aver concluso al comando il suo ultimo turno di guida, e ceduto il volante a Dalmas, il pilota italiano venne infatti costretto da Berger a ritornare in pista, perché nessuno dei suoi due compagni d’equipaggio riusciva a tenere il suo stesso passo. «Ero già sotto la doccia – raccontò Martini – quando Berger mi costrinse a reindossare tuta e casco e a rimettermi al volante». Il vantaggio sulla Toyota si era ridotto vistosamente, fino a mettere a rischio la vittoria. Al pilota italiano venne dunque affidato il compito di guidare nelle ultime due ore, con l’obiettivo di tenere a bada la macchina guidata da Katayama, che aveva montato gomme fresche per il finale e si avvicinava pericolosamente alla BMW.

La guida estrema mise a dura prova la meccanica e un rumoraccio proveniente dalla coppia conica fece temere il peggio, ma proprio nella fase più critica, con il vantaggio che andava riducendosi di giro in giro, sulla Toyota esplose un pneumatico. E Martini poté tagliare il traguardo da vincitore, regalando a BMW l’unica vittoria della sua storia a Le Mans. Non fosse arrivato quel successo, la casa bavarese avrebbe dovuto “accontentarsi” del trofeo condiviso 30 anni fa con McLaren. Vale la pena ricordare, però, che nel 1939 la BMW ottenne anche un trionfo di classe con la 328, auto ricordata in Italia per aver vinto, nel 1940, la mitica Mille Miglia: una vittoria entrata nella storia, in quanto la sportiva tedesca guidata da Fritz Huschke von Hanstein e Walter Bäumer stabilì un record di velocità media rimasto imbattuto (166,723 km/h) coprendo il percorso in 8 ore, 54 minuti e 46 secondi.

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venerdì 13 giugno 2025 - Ultimo aggiornamento: 10:04 | © RIPRODUZIONE RISERVATA