Il prototipo della Mazda MX-30 elettrica

Mazda MX-30 elettrica, alla guida del prototipo mascherato da CX-30

di Nicola Desiderio
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LISBONA - La MX-30 ha debuttato al Salone di Tokyo e sarà nei concessionari per settembre 2020, ma gli unici esemplari marcianti sono prototipi con la carrozzeria della CX-30 e abbiamo avuto la possibilità di provarne uno sulle strade del Portogallo verificandone il grado di messa a punto, ma soprattutto il modo in cui Mazda ha sviluppato la sua idea di auto elettrica.

Mentre tutti infatti si affannano ad aumentare la capacità delle batterie per incrementare l’autonomia, la casa giapponese pensa che 35,5 kWh e 200 km siano più che sufficienti per vari ordini di motivi. Il primo è che una batteria costa tanto e impiega materie prime rare, difficili da recuperare e molto dispendiose da lavorare in termini energetici, sia all’inizio sia alla fine del ciclo di vita quando occorre riciclarle. L’inquinamento dunque non è solo questione del vettore energetico utilizzato o di quello che esce dallo scarico, ma riguarda l’intero ciclo di vita, dalla fonte delle materie prime fino alla “tomba” del prodotto.

Per Mazda poi contano altre considerazioni che riguardano il packaging complessivo del veicolo. Una batteria troppo grande avrebbe comportato una piattaforma specifica – alla quale sta comunque lavorando con Toyota e Denso – con ingombri e soprattutto peso maggiori, con conseguenze rilevanti sulla dinamica del veicolo e su quel “jinba ittai” – in giapponese: l’unione tra l’uomo e il suo cavallo – che è alla base delle filosofia di Mazda per il piacere di guida. Anche in questo caso, a Hiroshima hanno sviluppato il tema seguendo strade originali e inedite.

Prima di tutto, i tecnici hanno studiato l’interazione tra il corpo umano e il corpo vettura partendo dall’assunto che, più si muovono all’unisono, migliori sono le sensazioni che riguardano la padronanza del veicolo, il comfort e, in definitiva, il piacere di guidare e viaggiare. La filosofia è identica a quella utilizzata per tutte le Mazda, ma occorre declinarla per l’elettrico che, come è noto, offre grandi accelerazioni e in rilascio interviene il recupero dell’energia che, in taluni casi, sostituisce l’utilizzo del pedale del freno. Sono sensazioni nuove alle quali il guidatore non è abituato e che comportano movimenti istintivi diversi.

Il prototipo è verniciato in nero opaco. Il paraurti posteriore ha lo spazio destinato al tubo di scarico che è vuoto, a sinistra lo sportellino della benzina si apre, ma dentro il bocchettone è sostituito da nastro isolante. La presa di ricarica è invece a destra ed è protetta da un coperchio imbullonato. All’interno il tunnel centrale e la leva del cambio sono leggermente differenti e sopra vi sono due pulsanti posticci: uno per l’avviamento della vettura, l’altro per lo spegnimento d’emergenza. Lo schermo al centro della plancia non funziona e ci avvertono che tutti i dispositivi di sicurezza sono disinseriti.

Sulla strumentazione si vedono solo il tachimetro, gli indicatori della benzina sono a zero, quello del raffreddamento è finto e l’unica indicazione è il SOC, ovvero lo State Of Charge che segna 95%. Si parte e subito si avverte un sound particolare. Non è il solito sibilo dell’auto elettrica, né un suono artificiale: è un sound campionato dal motore modificato nelle frequenze che variano a seconda del regime e della pressione sull’acceleratore. A questo proposito, anche la risposta al pedale è meno veemente del solito, più naturale e, insieme al sound, creano effettivamente sensazioni inedite alla guida di un’auto elettrica.

Identica impressione anche in rilascio. La MX-30 inizia il rallentamento in modo meno netto così che è anche più naturale il modo in cui il guidatore irrigidisce il corpo e posiziona il piede destro per prepararsi ad utilizzare il pedale del freno che vanta anche una risposta molto buona. Non si può regolare il livello di recupero, ma ci dicono che sulla vettura di serie ce ne saranno tre e anche il più elevato non avrà il “one pedal” feeling integrale, ossia non permetterà di arrestare completamente la vettura. Quello sull’auto di prova è l’intermedio ed è denominato “human”, proprio perché tiene conto del benessere del guidatore.

La MX-30 non avrà invece la possibilità di cambiare la modalità di guida, ma davvero non se ne sente la mancanza, neppure per quanto riguarda il comportamento dell’autotelaio. Lo sterzo appare un po’ leggero, ma bisogna considerare che abbiamo guidato su strade bagnate mentre di ottimo livello è il comportamento delle sospensioni, a dimostrazione che la vettura, grazie ad una batteria dalle dimensioni contenute, ha mantenuto una buona leggerezza. Molle e ammortizzatori possono così lavorare meglio rispetto ad altre auto elettriche che, hanno sì il baricentro basso, ma hanno comunque tanti chili da tenere sospesi. Anche questo è comunque un altro elemento di gradevolezza che si somma ad una generale sensazione di agilità e naturalezza segno di una messa a punto praticamente completata.

Dopo una trentina di chilometri percorsi sui boscosi saliscendi tra Sintra e Cabo da Roca, il Soc segna 71%. Fatti i conti, vuol dire che abbiamo consumato il 24%. Alla MX-30 mascherata da CX-30 non abbiamo risparmiato nulla su un tracciato che serviva a saggiare se tutti i discorsi di Mazda erano solo parole, o invece sono valori effettivamente apprezzabili alla guida. La risposta è sicuramente positiva. Chi ha già guidato una o più auto elettriche si accorgerà della differenza, chi non l’ha ancora fatto non potrà riconoscere alla prima Mazda a batteria una disinvoltura e una comodità che potrà essere apprezzata ancora di più giorno dopo giorno.

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Sabato 14 Dicembre 2019 - Ultimo aggiornamento: 17-12-2019 12:57 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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