CX-80, ammiraglia Mazda. Lo sport utility premium offre due motorizzazioni: un benzina plug-in ed un diesel mild hybrid
Mazda CX-80, com’è e come va il gigante buono giapponese tutto spazio, comfort ed efficienza
Mazda CX-80 in anteprima italiana al Salone di Torino. Design e tecnologia per l'ammiraglia a ruote alte
AUGSBURG - La Mazda non ha mai preteso di diventare un grande costruttore, almeno per i numeri, ed invece ha sempre seguito la propria strada con scelte coraggiose. Le più celebri sono il motore rotativo e la roadster MX-5, ma rappresentano esempi illuminanti anche esplorare il potenziale inespresso delle propulsioni tradizionali prima dell’elettrificazione e di indicare come obiettivo finale la neutralità carbonica globale entro il 2050 invece delle solite quote di elettrico nelle vendite. L’ultima novità di Mazda si chiama CX-80 ed è un suv lungo 5 metri che si situa decisamente al vertice della gamma del costruttore di Hiroshima sottolineando una crescita quantitativa che vuole essere anche qualitativa attraverso un’immagine sempre più premium e livelli di tecnologia e cura costruttiva sempre più alti.
La nuova Mazda CX-80 è, come detto, lunga 5 metri, larga 1,89 e alta 1 e 71. E se al primo sguardo vi ricorda qualcosa di già visto, non vi sbagliate: dal muso fino al montante centrale è infatti uguale alla CX-60, ma da lì in poi aggiunge 25 cm all’intero corpo vettura e al passo che è di ben 3 metri e 12. Di quota identica cresce anche la portiera posteriore che diventa ampia davvero come quella di una limousine, ma niente paura: è leggera da aprire e chiudere e ha un angolo di apertura praticamente di 90 gradi facilitando enormemente l’accesso e l’uscita dalla vettura, anche quando serve impiegare la terza fila di sedili. Il sistema che regola il movimento in avanti della seconda fila è funzionale e lo spazio è sufficiente in altezza per persone alte fino a 1 e 70, inoltre non mancano portabicchieri, prese di ricarica e bocchette e l’unica pecca è la poca distanza tra seduta e pavimento che costringe a tenere alte le ginocchia.
Per la seconda fila di sedili ci sono invece tre soluzioni: quella classica con il divano 60/40 le cui porzioni scorrono per 120 mm e lo schienale può essere regolato in inclinazione da 15° a 33°, una con due sedili singoli e un’altra ancora con i sedili separati da un’isola funzionale. Anche qui ci sono prese e bocchette e persino la possibilità di regolare la climatizzazione indipendentemente nella parte posteriore. I sedili frontali sono molto comodi: ampi nella misura, avvolgenti il giusto e dotati di ventilazione e riscaldamento oltre che delle regolazioni elettriche. A questo proposito, la CX-80 offre una funzione che semplifica la ricerca dalle giusta posizione: o si lascia fare al sistema che, attraverso una telecamera, legge le dimensioni del guidatore aggiustando sedile, volante, specchietti ed head-up display oppure si inserisce la propria altezza. Poi magari si procede con i piccoli aggiustamenti e si memorizza la propria posizione preferita.
Quanto allo spazio per i bagagli, la situazione più usuale sarà viaggiare occupando le prime due file di sedili modulando la posizione della seconda fila per avere da 566 a 687 litri con un vano molto regolare. Nel caso, il modulo del telo a soffietto può essere sistemato a scomparsa sotto il piano. Se si viaggia al completo, rimangono 258 litri. Se invece si opta per la modalità trasloco e serve abbattere anche la seconda fila, ci sono 1.971 litri, ben sfruttabili grazie al piano che si mantiene piatto e continuo. Altre vetture hanno comandi elettrici per gestire il movimento dei sedili e forse avrebbe fatto comodo avere almeno levette meccaniche per comandare la seconda fila, ma si tratta di eventi occasionali e per la terza fila le care vecchie fettucce permettono di fare tutto in modo forse poco spettacolare, ma semplice e veloce. Non mancano inoltre ganci sui lati, illuminazione e prese di corrente a 12 Volt e persino Shuko a 220 Volt.
I materiali sono di pregio. I fregi metallici che collegano visivamente portiere e plancia sono forse un po’ forzati e le tasche laterali non sono rivestite internamente, ma le plastiche sono morbide e ben assemblate. Il legno scuro o di acero e il tessuto, ornato di cuciture “appese”, appoggiato sulla fascia trasversale della plancia, danno quel dovuto tocco di artigianalità giapponese. Convincenti anche le sensazioni tattili fornite dal volante, dai numerosi comandi fisici – e per fortuna che non si è esagerato con la digitalizzazione… – e dai rivestimenti dei sedili, in tessuto, pelle vinilica o Nappa. Al centro c’è lo schermo da 12,3” del sistema telematico che non è sfioramento, si integra wireless con qualsiasi dispositivo e si comanda con la manopola sul tunnel. La logica non è sempre intuitiva, ma il suo pregio è avere Alexa Built-in che permette di interagire non solo con la vettura, ma anche con tutto ciò che abbiamo collegato al sistema di riconoscimento vocale di Amazon. Il display inoltre rimane visivamente sotto la base del parabrezza e sulla stessa linea della strumentazione, anch’essa digitale e completata da un ampio head-up display a colori.
Discreto lo spazio per gli oggetti. Ampio quello del cassetto, non molto quello sotto il poggiabraccia dove si trovano le uniche prese di ricarica per gli smartphone. Ci sono anche la piastra di induzione gommata e i portabicchieri, ma se sono occupati non c’è più spazio per le chiavi e le monete. La dotazione di sicurezza è allineata agli standard della concorrenza con i dispositivi di assistenza che permettono la guida autonoma di livello due. Buone la loro gradualità e precisione, senza essere invadenti. Dal punto di vista tecnico, i giapponesi sono intervenuti prima di tutto sulle sospensioni, in particolare sul multi-link posteriore dove è stata eliminata la barra antirollio, messe molle più dure, ammortizzatori più morbidi e boccole di isolamento tra scocca e sottotelaio. L’avantreno a doppio braccio sovrapposto beneficia di ammortizzatori più frenati in estensione e di una geometria meno aggressiva per rendere più graduali la risposta allo sterzo e gli appoggi. Anche i controlli elettronici sono stati ritarati con l’obiettivo dichiarato di rendere il comportamento stradale più sottosterzante, dunque più sicuro e prevedibile a scapito della precisione.
Identici i due propulsori impiegati, entrambi accoppiati ad un sistema di trazione integrale a controllo elettronico, che privilegia la trasmissione della coppia alle ruote posteriori, e al cambio automatico a 8 rapporti con ingranaggi planetari, ma con una frizione multidisco al posto del tradizionale convertitore idraulico di coppia. Si parte dall’ibrido plug-in composto da un 2,5 litri a benzina aspirato da 191 cv, motore elettrico da 129 kW e batteria da 17,8 kWh di capacità per un totale di 327 cv e 500 Nm di coppia. Con questa soluzione il suv giapponese raggiunge i 195 km/h (autolimitati) e accelera da 0 a 100 km/h in 6,8 secondi con un consumo medio di 1,6 litri/100 km, pari a 35-36 g/km di CO2, e la possibilità di marciare in elettrico per 61 km. C’è poi il sofisticato diesel 6 cilindri in linea da 3,3 litri con sistema di combustione DCPCI (Distribution-Controlled Partially Premixed Compression Ignition): consiste in un bordo sul cielo del pistone che permette, grazie all’iniezione in due tempi distinti nello stesso ciclo, di stratificare la carica in due zone concentriche di miscelazione aria-gasolio ricreando virtualmente una precamera.
Questo va a favore della silenziosità, dell’efficienza e della pulizia del gas di scarico che vengono post-trattati all’interno di un modulo che integra il filtro anti-particolato e uno SCR per gli ossidi di azoto che agisce grazie all’AdBlue, additivo facilmente reperibile presso ricambisti e stazioni di rifornimento. Qui l’elettrificazione è mild con un uno starter/generatore a 48 Volt da 12,4 kW di potenza e 153 Nm di coppia che aiuta nello spunto ai regimi più bassi e in ripresa recuperando viceversa l’energia in rilascio all’interno di una batteria da 0,33 kWh. Eroga 254 cv (249 cv per il mercato italiano) a 3.750 giri/min e 550 Nm di coppia tra 1.500 a 2.400 giri/min. Con questo motore la CX-80 raggiunge i 219 km/h e accelera da 0 a 100 km/h in 8,4 secondi, pur dichiarando una massa di oltre un quintale inferiore alla versione ibrida plug-in (2.056 kg contro 2.165 kg). Rispetto alle corrispondenti versioni della CX-60, la nuova nata pesa circa 200 kg in più, ma ha una capacità di traino di ben 2.500 kg.
Abbiamo provato brevemente la CX-80 nella versione ibrida plug-in dove la parte elettrica, come in altri casi, fa miracoli nel muovere con disinvoltura e brillantezza quasi 22 quintali di macchina, da solo o insieme al 4 cilindri che risulta silenzioso e anche dotato di una tonalità particolarmente discreta. Diverso invece il 6 cilindri a gasolio che risponde e spinge bene sin dai regimi più bassi anche se le caratteristiche più sorprendenti riguardano il sound e l’erogazione che è robusta ai medi regimi e non accenna minimamente a calare anche dopo i 5.000 giri/min dove è solo il limitatore a fermarne l’allungo. Il tutto con una timbrica davvero particolare che a volte ricorda quasi un motore da corsa. Un mix di sensazioni inattese su una vettura del genere accompagnato da un cambio non velocissimo nel kick-down, ma comunque efficace e da prestazioni convincenti, anche quando c’è la possibilità di viaggiare ad alta velocità, come è permesso di fare su alcuni tratti delle autostrade tedesche dove l’abbiamo guidata.
La CX-80 non solo è rapida nel raggiungerle e mantenerle, ma è anche silenziosa nonostante i cristalli laterali non siano stratificati. Il passo lungo poi dà una naturale mano per la stabilità sulle curve veloci. Sul misto la nota gradevole viene dalla compostezza, aiutata dal (KPC – Kinematic Posture Control) che regola l’equilibrio del corpo vettura sui due assali agendo sui freni, dalla buona tenuta di strada e dallo sterzo davvero preciso e comunicativo. In città poi la sensazione non è quella di dover governare un transatlantico. Aiuta la buona visibilità ed è sorprendente quanto sia ridotto il raggio di sterzata a vantaggio di manovre e inversioni di marcia. Nota infine estremamente positiva per i consumi: i 6 litri/100 km sono la norma, anche spingendoci oltre i 200 km/h in autostrada è difficile superare i 7 litri/100 km e, se si è un po’ più cauti, si arriva a risultati quasi miracolosi per un’auto di questa stazza e di questo peso. Fatto sta che, con 74 litri di serbatoio, la CX-80 può viaggiare senza rifornirsi per almeno mille km.
La nuova Mazda CX-80 è offerta in cinque allestimenti (Exclusive Line, Nomura, Nomura Plus, Takumi e Takumi Plus) con un prezzo che parte da 61.235 euro per la PHEV e di 62.870 euro per la diesel, dunque la differenza con le corrispondenti versioni della CX-60 è esattamente di 3.900 euro. Le ambizioni commerciali non possono che essere commisurate alle quote di mercato del marchio e alla tipologia di vettura mentre è più importante il ruolo che la nuova arrivata può svolgere per i margini, la presenza in segmenti prediletti dalla flotte e infine per l’immagine di un brand che vuol far valere il proprio patrimonio tecnologico e la propria originalità presso una clientela che finora l’ha snobbata.