Proprio per il suo ruolo di ammiraglia a ruote alte, la nuovissima EX90 a propulsione 100% elettrica può essere presa a simbolo del cammino del marchio svedese verso la mobilità del futuro di cui è stato uno dei primi e più convinti sostenitori. Non a caso il suo debutto sul mercato italiano, celebrato a Milano assieme a quello della “gemella” più convenzionale (la XC90 giunta alla terza generazione) ha offerto l’occasione per aprire una finestra su una nuova era: quella dell’Automobile Sapiens, destinata a nascere e crescere grazie alla sempre più diffusa presenza dell’intelligenza artificiale che certo non può trascurare il mondo delle quattro ruote.
Proprio questo impatto è il tema della ricerca dell’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School, che il direttore scientifico Fabio Orecchini ha illustrato durante l’evento Volvo partendo dalle quattro macro-aree dell’automotive – Progettazione, Produzione, Prodotto e Interazione con i clienti – nelle quali può essere più incisivo l’apporto della IA, oggetto di venti definizioni di validità scientifica la prima delle quali – fornita da John McCarty nel 1956 – recita: «La scienza e la progettazione del rendere le macchine intelligenti».
Un’attività ancora agli albori, ma che apre prospettive inimmaginabili per i non addetti ai lavori, come dimostrano le cifre fornite dal prof. Orecchini che parlano di un mercato della IA nell’auto destinato a decuplicare il suo valore entro il 2030, passando dagli attuali 3 a 30 miliardi di dollari annui. Nello stesso periodo, le aziende del settore investiranno in IA 70 miliardi di dollari. Soldi ben spesi, visto che già nel 2025 l’intelligenza artificiale consentirà di creare un valore, sempre in dollari, di 215 miliardi.
Cifre importanti, che però sembrano quasi irrisorie rispetto agli 11.000 miliardi di dollari che rappresentano il Pil globale generato, con proiezione per i prossimi 10 anni, dall’adozione generalizzata, e quindi non riferita al solo panorama automotive, dei sistemi di intelligenza artificiale. Restando al comparto della mobilità, l’evoluzione del settore porterà a sviluppare automobili sempre più definite dal software, e quindi dotate di sistemi di elaborazione, connessione in rete e immagazzinamento dei dati che permettano di gestire totalmente la parte fisica – e cioè l’hardware – del veicolo, modificandone proprietà e caratteristiche.
Stiamo parlando di quelli etichettati come Sdv (Software defined vehicle) che nel 2021 rappresentavano il 3,4% del circolante totale, percentuale che dal 2029 potrebbe salire al 90% per arrivare entro il 2040 a dominare completamente il mercato automobilistico. Ancora più vicina – 2030 – la data in cui la quota dei veicoli che sfruttano le varie forme di IA arriverà al 100% rispetto al 20-30% valutato attualmente dal Clepa, l’associazione che raggruppa i fornitori dei costruttori di vetture.
L’identikit dell’automobile sapiens parla di una vettura con un alto livello di elettrificazione (ibrida plug-in o 100% a elettroni), probabilmente dotata di un’unica unità di calcolo ad alta potenza, con funzionalità wireless al posto delle connessioni cablate, luci esterne con funzioni di comunicazione e capacità di riconoscere chi entra nella vettura e di adattare alle sue preferenze regolazioni e assetti. Spariscono i comandi fisici, sostituiti da quelli gestuali o vocali, le superfici vetrate integrano strumenti di realtà aumentata, il volante è a scomparsa, c’è la possibilità di scegliere accessori e optional dopo l’entrata in possesso della vettura.
Si tratta quindi di un sistema capace di interagire costantemente con le infrastrutture e con l’utilizzatore di cui è in grado di comprendere le emozioni. Ma sarà anche capace di generarle, come hanno saputo fare le automobili prima dell’era digitale? È questo il quesito che la ricerca Luiss lascia in sospeso.