Audi e Volvo fermano la produzione: mancano i microchip

Audi e Volvo fermano la produzione: mancano i microchip. «Ricadute per il mercato italiano»

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Mancano i microchip e Audi e Volvo sono costretti a fermare la produzione. In giro per il mondo non se ne trovano. E quelle poche che viaggiano da un capo all'altro del Pianeta, lo fanno con oscillazioni di prezzo preoccupanti, a cui si aggiunge un aumento dei costi del trasporto. Una situazione che inizia a colpire l'industria, la manifattura, e importanti pezzi dell'automotive: Audi e Volvo fermano la produzione nelle fabbriche in Belgio per la mancanza di microchip. E la situazione - viene riferito - potrebbe continuare così fino al 2022. Una situazione che tocca anche l'Italia.

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«La notizia del fermo di produzione agli stabilimenti Audi di Bruxelles e Volvo di Ghent a causa della mancanza di microchip è la conferma della grave carenza che da diversi mesi ha colpito i semiconduttori, fondamentali per realizzare i circuiti elettronici, mettendo a serio rischio la produzione di diversi settori che è destinata purtroppo a durare a lungo. I gravi problemi di approvvigionamento e rincari stanno comportando ricadute anche sulla filiera dell'industria italiana», afferma Giulio Salvadori, Direttore dell'Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano. La carenza di chip degli ultimi mesi, che ha portato al blocco di alcune linee produttive di automobili ma che minaccia anche altri settori come quello dell'elettronica di consumo, potrebbe durare ancora almeno un paio d'anni anni aveva detto nei giorni scorsi l'amministratore delegato di Intel Pat Gelsinger.

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In Italia al momento è anche il settore dell'edilizia a lanciare l'allarme sulle materie prime e sull'aumento dei prezzi. Il presidente dell'Ance Gabriele Buia parla chiaro perché in ballo ci sarebbero le opere del Recovery che in questo momento sono a rischio; e al governo chiede una norma ad hoc per tutelare le imprese proprio contro il pericolo di aumenti sconsiderati dei prezzi delle materie prime. La cosa non sfugge all'Antitrust. E infatti l'Autorità garante della concorrenza e del mercato accende un faro sugli aumenti dei costi dei materiali edili. Ora le analisi sono in corso, e in seguito potrebbe o meno partire un'istruttoria. La questione riguarda anche il superbonus al 110%, come denuncia il Codacons (che ha presentato un esposto alla procura di Roma per il reato di rialzo fraudolento dei prezzi): i prezzi che schizzano sarebbero una «conseguenza» della misura. Perché se da un lato la misura rimette in moto il settore e punta alla riqualificazione energetica e sismica degli edifici del Paese, dall'altro sembra fatta anche per spingere i prezzi verso l'alto. Soprattutto per via di un aspetto: la concentrazione in un spazio ristretto di tempo. 

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Ma Buia non si ferma al particolare sull'aumento dei prezzi delle materie prime; anzi immagina la situazione sia più ampia - dalla carenza alla speculazione, tira dentro anche il mondo dei trasporti - ed è per questo che mostra uno sguardo rivolto al quadro internazionale (con l'acciaio per esempio che è volato a più 150% da novembre a maggio), chiamando in causa anche la ripresa della Cina e degli Usa, e una più generale «attenzione mondiale». Eppure, avverte: «le imprese non possono sopportare questi oneri, questo aumento sconsiderato dei costi». Si rivolge al governo e chiede con urgenza «una norma sul 'caro materialì»: «Abbiamo chiesto di intervenire con una forma di ristoro nel caso ci siano oscillazioni superiori all'8%, e se queste dovessero essere in negativo sarà l'impresa a restituire». La norma va fatta «adesso» - conclude il presidente dei costruttori - altrimenti il pericolo è che, questi «rincari eccezionali», possano mettere a rischio gli interventi previsti dal Recovery.

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Giovedì 17 Giugno 2021 - Ultimo aggiornamento: 18-06-2021 18:02 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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