Sebastian Vettel

La Ferrari non s'abbatte. Gli ultimi due GP hanno scalfito alcune certezze, ma il tempo per recuperare c’è

di Giorgio Ursicino
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BARCELLONA - Mancano ancora 16 gare è non certo il caso di abbattersi. Ci mancherebbe. A Barcellona, però, gli avvertimenti del presidente Marchionne sul «tanto lavoro ancora da fare» prendono corpo e le convinzioni di chi pensava che la SF71H fosse di gran lunga la monoposto migliore solo perché le Stelle di Stoccarda avevano mancato tre pole position di fila mostrano le prime crepe. È vero, il distacco rimediato a Montmelò lascia di stucco, ma la Mercedes W09 aveva dimostrato di essere una buona Freccia anche in precedenza, sia nei test invernali che nelle prime quattro gare dove era però riuscita a vincere una sola volta. Hamilton, anche giustamente, era stato accusato di non essere più lui: sbiadito e calcolatore, molto meno tigre, più simile a Lauda e Prost che non a Schumi o al suo idolo Senna, sempre votato all’attacco.
 

 

L’approccio del britannico, però, sembra pagare poiché dopo cinque gare Lewis ha 17 punti di vantaggio su Sebastian (95 a 78) e Stoccarda addirittura 27 su Maranello (153 a 126). E per essere un inizio di stagione in cui le Stelle sembravano cadenti per la corazzata tedesca è un eccellente risultato. Guardando le cose con il senno di poi emergono due aspetti. Il primo è che il bolide grigio non è mai stato poi tanto male. In qualifica ha perso la sua superiorità (anche a Montmelò in Q3 Vettel era vicinissimo) trovando difficoltà a sfruttare le gomme ed usando cautela nel mettere in campo mappature troppo spinte (il party mode?) visto che le power unit devono quest’anno durare ben sette gare. In corsa, però, aveva mostrato sempre tanta sostanza, soprattutto perché il pilota spesso ad un soffio dalla vittoria era stato il validissimo Bottas e non sua maestà Hamilton, il fuoriclasse che punta (come Sebastian) al quinto titolo per eguagliare Fangio. In Australia Lewis aveva la gara in pugno prima della virtual safety car, in Bahrain Valtteri non ha attaccato Seb solo perché mai avrebbe creduto che il tedesco potesse fare ben 39 giri con le supersoft. In Cina il finlandese della Mercedes era passato in testa dopo il pit stop con un superbo “undercut”, a Baku Valtteri aveva percorso oltre 40 giri con le supersoft e nel finale avrebbe montato le ultrasoft per attaccare Seb che invece aveva le soft.

L’altro aspetto è invece l’approccio dei piloti: in un campionato che in ogni caso sarà combattuto fino in fondo, più che un trionfo in più o in meno, conta massimizzare sempre la raccolta punti e Vettel, dopo due successi eccellenti, da questo punto di vista ha confermato di essere vulnerabile lasciando sul tappeto fra Shanghai e l’Arzerbaijan punti importanti (poteva chiudere davanti a Hamilton, gli è finito alle spalle). Questo modo di guidare da grandi campioni non si limita alle responsabilità sulle singole manovre, include un talento nel restare il più possibile fuori dai guai, una tecnica che con il grande Niki ai box ha affinato anche un driver tutto cuore come Hamilton. Altro elemento a cui prestare attenzione e la crescita della Red Bull; Verstappen a Montmelò aveva il passo di Sebastian e lui e Ricciardo a Montecarlo possono dare parecchio fastidio. Infine preoccupa un po’ l’affidabilità per i problemi motoristici accusati da Kimi e questo potrebbe aver indotto i tecnici di Maranello ad alzare un po’ il piede dal gas, non tanto sul giro secco, ma sul ritmo di gara. In Spagna la SF71H aveva un passo troppo frenato per dipendere solo dalle gomme.
 

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Lunedì 14 Maggio 2018 - Ultimo aggiornamento: 15-05-2018 10:50 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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