Jean Eric Vergne sul podio in Uruguay

Jean-Éric Vergne, l’importanza del manico. In Uruguay tanti i problemi al cambio-auto

di Nicola Desiderio
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PUNTA DEL ESTE - Una corsa da leader, pienamente consapevole della propria forza, capace di parare ogni colpo e di prendere al volo ogni opportunità che gli si para di fronte. Jean-Éric Vergne ha vinto, ma soprattutto ha convinto conducendo dal primo all’ultimo giro la gara di Punta del Este, conquistando la seconda vittoria della stagione e portando a casa tutti i punti che poteva prendere per rafforzare il proprio primato nel campionato. Oltre infatti ai 25 punti della gara, il francese ha messo in cascina i 3 punti delle Superpole, conquistata d’ufficio proprio ai danni di Di Grassi, reo di aver saltato una chicane e dunque retrocesso al secondo posto, di quei metri che poi sono risultati decisivi per relegare il brasiliano alla piazza d’onore.
 

 

In effetti, è stata solo questa la differenza quantificabile tra i due nell’arco di fine settimana che li aveva visti pareggiare al millesimo di fronte al cronometro: 1’13”672 per Di Grassi nella seconda sessione di prova libere e di Vergne nelle qualifiche ufficiali che li ha resi, in ogni caso, gli unici due piloti a scendere (e non di poco) al di sotto dell’1’14”. Il mantra di Di Grassi è stato per tutto il fine settimana «Non ho nulla da perdere!» e non poteva essere altrimenti per uno che, con la corona di campione sulla testa e una macchina che è forse la migliore del lotto, sta cercando di recuperare un inizio di stagione disastroso.

Il brasiliano ha ragionato, ma non è bastato: è stato l’ombra del suo avversario e nella prima parte ha lavorato ai fianchi il francese sperando di passarlo al pit stop, poi ha cercato di attaccarlo in ogni modo, toccandolo qualche volta e infine anche sbagliando, ma senza mai riuscire a mettere le proprie ruote di fronte alla Techetah di Vergne. Il pit stop è stato invece decisivo per il podio poiché ha messo in condizione Sam Bird di conquistare ben 3 posizioni e di conquistare il gradino più basso del podio, quanto basta per salire a 76 punti nella classifica provvisorie a avvicinare Rosenqvist (79) giunto quinto dietro un Evans.

Il britannico, autore del più bel sorpasso della gara, è apparso in palla per tutto il fine settimana e, anzi, avrebbe sperato di più se Bird non avesse indovinato quel pit stop a razzo. Chi invece di pit stop aveva colpito a Città del Messico, stavolta invece è (sportivamente) perito: parliamo dell’altro pilota Audi, Daniel Abt, che aveva vinto la gara precedente proprio grazie ad un cambio vettura velocissimo, invece stavolta i suoi hanno sbagliato rimandandolo in pista con le cinture poco strette tanto che il tedesco è stato costretto a rientrare al 23° giro, ossia 3 giri dopo il cambio, per farsi risistemare, tornando in gara al 15° posto e finendo 14°.

Alan McNish, team principal di Audi, che di cinture da allacciare nella sua carriera ne ha viste tante (14 edizioni della 24 Ore di Le Mans con 3 vittorie), non può che sbuffare di fronte all’errore dei suoi uomini che non gli ha tolto la vittoria, ma poteva fargli conquistare altri punti preziosi per la classifica dei team capeggiata sempre di più dalla Techetah con 127 punti, 109 dei quali conquistati da Jean-Éric Vergne, il campione dai nervi d’acciaio che si candida a seriamente vincere questo campionato.
 

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Lunedì 19 Marzo 2018 - Ultimo aggiornamento: 11:43 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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