Elio De Angelis

Elio De Angelis, il “driver” gentiluomo. 34 anni fa a Le Castellet l'addio al pilota romano dal talento cristallino

di Lino Ceccarelli
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ROMA - Aveva archiviato la stagione ’85 con il divorzio dalla Lotus, consensuale ma inevitabile, a causa della presenza sempre più ingombrante del nuovo teammate Ayrton Senna. Fra i due una rivalità non tanto apertamente agonistica (conclusero il mondiale al quarto e quinto posto) quanto subdolamente silenziosa. Senza più il boss Colin Chapman, suo estimatore scomparso tre anni prima, ad arrendersi fu Elio, ragazzo beneducato, gentile e rispettoso, tuttavia affatto disposto ad avere rapporti con gente ambigua, qual era allora lo scalpitante Senna. Il brasiliano era alla ricerca, ad ogni costo, di un riscatto dopo un ’84 mediocre con un nono posto contro un eccellente terzo di De Angelis, superato nel mondiale solo da Lauda e Prost con le inarrivabili McLaren-Porsche. Ciò premesso, il pilota romano per il campionato ’86 trovò posto alla Brabham di Bernie Ecclestone che lo affiancò a Patrese.

Disastroso l’avvio: in quattro gare, solo un punto (da Riccardo a Imola) per la debuttante, rivoluzionaria e fallimentare, BT55 bassa e piatta, detta ‘sogliola’, decisamente inguidabile. All’indomani del Gran Premio di Monte-Carlo, il team si trasferì al vicino circuito di Le Castellet per una serie di test finalizzati alla ricerca di prestazioni e affidabilità della nuova monoposto di Gordon Murray. Era stato convocato Patrese, che però cedette alle insistenze di De Angelis, certamente più interessato ad accrescere la propria confidenza con l’inedita BT55 e cercare nel contempo di migliorarne il rendimento, la competitività e soprattutto la sicurezza. Alle 11 e 30 del 14 maggio al Paul Ricard, affrontando la Verriere, una veloce ‘esse’ da oltre 250 orari, la Brabham-BMW perse l’alettone (appena montato) cappottando più volte prima di sbattere contro il guardrail, volare oltre la recinzione e, rovesciata, prendere fuoco.

Tardivi e approssimativi i soccorsi, di Jones, Mansell, Rosberg e Prost anch’essi in pista e degli addetti alla sicurezza accorsi però a piedi e senza tuta ignifuga con gli estintori non più utili… L’eliambulanza (a quei tempi non era obbligatoria la presenza nei test privati) arrivò dopo mezz’ora: troppo tardi. Ricoverato all’ospedale La Timone di Marsiglia, Elio trascorse in coma lunghe ore prima di spegnersi nel pomeriggio di giovedì 15 maggio a soli 28 anni, davanti a papà Giulio e alla fidanzata Ute. I medici dissero che Elio poteva essere già deceduto per asfissia nell’abitacolo in fiamme, non avendo retto i polmoni a più di sette minuti senza aria respirabile. Il suo sacrificio non fu vano per il futuro della f. 1: la FIA del presidente Balestre, infatti, pressata da tutti i piloti, fu costretta ad imporre a tutti i circuiti, anche quelli utilizzati per prove private appunto, gli stessi standard di sicurezza adottati nei Gran Premi. Davvero significativo il palmarés di Elio, che iniziò la carriera con i kart a 14 anni, sfiorando un titolo mondiale e centrando poi quello europeo, prima di passare alla f. 3, dove nel ’77 si aggiudicò con una Chevron del team Trivellato il campionato italiano grazie ad un indimenticabile successo nel Lotteria a Monza.

Non ancora 21.enne fu nel 1979 il più giovane pilota esordiente in f. 1 debuttando al G.P. d’Argentina con una Shadow. Poi, sei stagioni con la Lotus, prima dello sfortunato passaggio alla Brabham. In totale 108 presenze con tre pole position, due primi posti (Austria ’82 e San Marino ’85) ed altri sette podi. Nel panorama mondiale di allora, Elio godeva almeno di pari dignità, al netto di monoposto certo più competitive della Lotus, rispetto ai top ten del 1985, il suo ultimo intero campionato: Prost, Alboreto, Rosberg, Senna, [De Angelis], Mansell, Johansson, Piquet, Laffite e Lauda! Dopo il Lotteria ’77, il ventenne pilota romano ebbe un incontro privato (promosso e partecipato da Gian Carlo Minardi) con l’ing. Ferrari che gli confessò di considerarlo al primo posto tra i giovani più promettenti per la f. 1, consigliandolo intanto di non interrompere il by-pass con Minardi che con il team di f. 2 formava piloti italiani da Gran Premio, come già era avvenuto con Michele Alboreto. Il Drake, addirittura, permise a Elio un’estemporanea presa di contatto sulla pista di Fiorano con la 312 T2, e il suo miglior tempo sul giro non era poi così lontano da quelli abituali di Lauda e Reutemann! Poi, la fretta di arrivare in f. 1 anticipò l’esordio in Argentina con una mediocre Shadow, esordio pagato lautamente ma dai suoi sponsor.

E’ stato papà Giulio, costruttore assai noto nella Capitale e cinque volte campione del mondo di motonautica offshore, ad avviare Elio allo sport del volante, assecondandone la passione con un regalo fondamentale: la Chevron f. 3, quella che gli fruttò il titolo italiano e pure un’esaltante affermazione a Monte-Carlo. Nella Roma bene tra gli anni ’70 e ’80 il ragazzo De Angelis, bella presenza e buone maniere, si distingueva per sensibilità e disponibilità: il riservato giro dei suoi amici veri era gestito e tutelato attraverso un rigoroso ‘passa parola’ (allora non c’erano gli sms…), soprattutto quando si seppe che era fidanzato con Ute, splendida modella tedesca. Elio aveva due fratelli, Roberto e Andrea (anch’essi kartisti, ma a termine), e una sorella, Fabiana. Ancora adolescente aveva mostrato un interessato piacere per la musica classica, scoprendosi nel tempo un non comune talento di compositore, grazie al quale riusciva ad esprimere il lato più romantico del proprio carattere.

Un giorno, alla vigilia di un Gran Premio del Sudafrica, i piloti in sciopero si riunirono nella hall dell’albergo e dopo la protesta Elio, rapito, li deliziò interpretando Gershwin al piano. “Se non avessi fatto il pilota – ammetteva sorridendo – avrei fatto sicuramente il compositore!” Amava gli sport in genere, praticava pesca subacquea, tennis e calcio (pochi giorni prima di morire, scese in campo al San Paolo di Napoli per l’Unicef, segnando pure un gol e in premio ricevette l’abbraccio di Maradona), era tifoso sfegatato della Roma e in occasione dello scudetto vinto dalla squadra di Liedholm nel 1983 tappezzò dei colori giallorossi la sua barca ormeggiata a Monte-Carlo.

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Venerdì 15 Maggio 2020 - Ultimo aggiornamento: 16-05-2020 17:52 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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