La McLaren 650S durante la prova su strada

McLaren, l'adrenalina della 650S:
emozioni da F1, 0-100 in 3 secondi

di Nicola Desiderio
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BORDEAUX – Piccolo costruttore, situato in un piccolo centro, specializzato in supersportive costruite a pochi metri da dove nascono le proprie monoposto di Formula 1 che con il proprio nome compaiono svariate volte sugli annali dei titoli mondiali conquistati. Qualche anno fa l’unica a coincidere con questo identikit era la Ferrari, dal 2011 in poi c’è anche la McLaren che ha esteso alle vetture stradali la sfida alla rossa di Maranello cominciando con la MP4-12C e proseguendo con la 650S.

Dalla F1 alla serie, dalla P1 alla 650S. E la P1? Un’edizione limitata a 375 esemplari, ma anche un laboratorio di stile e soluzioni tecniche che infatti sono state trasposte sulla 650S. Presentata al Salone di Ginevra come il modello intermedio tra la P1 e la 12C, ha in realtà sostituito quest’ultima vista anche la reazione da parte della stessa Ferrari con la Speciale e l’arrivo della Lamborghini Huracàn LP610-4. La 12C insomma non era più abbastanza nel segmento delle berlinette: bisognava presidiarlo con un affare capace di raggiungere 333 km/h, fare lo 0-100 km/h in 3 secondi netti e chiudere lo 0-200 in 8,4 secondi. Questo si legge nella carta d’identità di un modello che, a differenza della criptica denominazione MP4-12C, preferisce un’eloquente 650S dove il numero sta per i cavalli del suo motore ed S per Sport. Che vuol dire? Prima di tutto un’aerodinamica che assicura una deportanza superiore del 24% e un peso di 1.330 kg che vuol dire un rapporto peso/potenza di 2,05 kg/cv o, come preferiscono dire gli inglesi, di 488,7 cv per tonnellata.

Il tempo giusto per la vendemmia. In 5 parole: ancora più vicina alla pista. Ma quelli di Woking ce lo ripetono come un mantra: la 650S va bene anche per tutti i giorni. Immaginando come possa essere la quotidianità di una persona che può spendere 237.200 euro, sedersi dentro a una McLaren è sempre un privilegio, ancora di più in una Spider – che costa 260.650 euro – in una bella giornata di fine settembre a tetto aperto, con les vignerons in piena attività per la vendemmia e l’odore del mosto nell’aria, anzi nel vento. Su auto come queste certi agenti atmosferici non vengono dal cielo, ma stanno sotto il piede e i tuoni si trovano sempre vicini, precisamente alle spalle.

Un turbo quasi da corsa. È lì infatti il V8 biturbo di 3,8 litri siglato M838T. Sta su tutte le McLaren stradali, anche sulla P1 dove è in compagnia di un elettrico, ed è stato aggiornato per le testate, le valvole, i pistoni, la fasatura, l’impianto di scarico e naturalmente la parte elettronica per appuntire ancora di più l’erogazione. Il V8 pesa solo 199 kg, ha il carter secco, l’albero motore piatto ed è un miracolo di compattezza, ma anche di prestazioni perché in giro ci sono motori turbo in grado di erogare una potenza specifica di oltre i 170 cv/litro, ma non certo di girare fino a 8.500 giri/min. Rispetto alla 12C sono stati modificati anche il software del cambio doppia frizione a 7 rapporti, quello delle sospensioni idropneumatiche con circuiti incrociati, del DRS – con interventi ampliati, non più solo in frenata – e quello del Brake Steer, il sistema che, frenando selettivamente le ruote, migliora l’inserimento e il mantenimento delle traiettorie. Le molle anteriori sono più rigide del 22%, quelle posteriori del 37%.

Il carbonio è la sua sostanza. Le portiere che si aprono sollevandole sono già spettacolo. Entrare e accomodarsi nel posto guida superando il brancardo un po’ meno, ma dà il senso di quello che ci aspetta. La sorpresa è che nella 650S la visibilità è davvero non comune: davanti è eccezionale, dietro incredibile se si pensa che sulle altre auto a motore centrale si deve fare affidamento solo a retrovisori e – più recentemente – alla retrocamera. Alla fine la sensazione è quasi di una seduta alta, ma questo è uno dei prodigi del sedere in una vasca. Tale è infatti la forma del MonoCell, la parte centrale del telaio in fibra di carbonio al quale sono imbullonati davanti e dietro le strutture di alluminio alle quali sono fissate le sospensioni e il motore. E così la Spider può essere pesante solo 40 kg in più della Coupé, perché le uniche aggiunte sono le strutture d’acciaio per i roll bar e i meccanismi del tetto in due pezzi ad azionamento elettrico. Per aprirlo ci vogliono 17 secondi e si può fare fino a 30 km/h. Elettrico è anche il lunotto frangivento.

La sportività è nei particolari. Dentro la 650S è un trionfo di carbonio, pelle, Alcantara e semplicità. La strumentazione è ridotta al minimo, così come le bocchette (solo 3, delle quali una centrale) dell’impianto di climatizzazione che ha i comandi sulle portiere per rendere più stretta possibile la consolle. A portata di mano le rotelle in metallo per regolare le sospensioni e la meccanica, entrambe con tre posizioni (Normal, Sport e Track). Un po’ arretrati e scomodi i pulsanti per il cambio. Più unico che raro quello per il launch control, che su altre auto si attiva con procedure anche troppo complicate. Belle, ma non intuitive le levette sul piantone dove si trova anche il bilancere per il cambio. Avete letto bene: al singolare, perché è unico, in metallo e tirarlo da una parte vuol dire vedere arretrare l’altra. Segue la rotazione del volante e ha impugnature strette, al contrario della scuola italiana che le vuole lunghe e fisse. Originale l’orientamento verticale per lo schermo a sfioramento del sistema infotelematico che però, a parte questa raffinatezza, è davvero deludente per grafica e funzionamento. Microscopici il vano sotto il bracciolo e le alette parasole. Da auto da competizione il bagagliaio che si trova sotto il cofano anteriore.

Pura, ma non dura. La chiave la troviamo nella tasca che si trova all’inizio della seduta, in stile Volvo, e la mano va prima al pulsante dell’avviamento che alla portiera per tirarla giù e chiuderla. L’esordio del V8 è di quelli che arrivano alla schiena, percorrendola dal basso verso l’alto. Si preme il pulsante D, si appoggia il piede sull’acceleratore e si può partire. Il traffico di Bordeaux alle 11 del mattino è facile facile e i limiti di velocità non rappresentano un consiglio, ma una consuetudine dal valore tassativo. La 650S è rigida certo, ma non è impossibile e neppure lo sterzo si imbizzarrisce quando le ruote anteriori prendono una buca, ma è sempre meglio tenere tutte e due le mani sulla piccola corona del volante. Il cambio in automatico non è un mostro in prontezza, ma è graduale nei passaggi, inoltre risponde sempre presente quando si allungano le dita verso i bilanceri. Chi invece non reagisce come ci si aspetterebbe il motore. Certo, non può prediligere i 1.500 giri/min, ma è un turbo e con questa coppia uno si aspetterebbe più veemenza e meno pause.

Via col vento in Francia. Si esce dalle strade principali, si entra tra i vigneti e gli chateau. La superficie stradale a volte è un po’ gibbosa e qualche centinaio di metri senza traffico riusciamo a vederli. Allora scaliamo un paio di marce, anzi una in più e la lancetta del contagiri sale mentre si inarca l’urlo del V8. L’aumento di velocità diventa mozzafiato, le risposte rabbiose e sembra di sentire il risucchio dei turbocompressori che trasformano l’aria in fuoco e urla metalliche, lancinanti eppure cupe, da avvolgerti in una calotta sonora capace di isolarti anche dal vento. Eppure soffia sempre più forte in folate che seguono il ritmo crescente con il quale ci stiamo spingendo. Si può osare un po’ di più anche in curva. Lo sterzo diventa sempre più preciso, la motricità non dà problemi e la frenata manifesta tutta la terribile potenza dell’impianto carboceramico di serie. Al contatto con il suolo ci pensano gli pneumatici Pirelli, disponibili in tre tipi: P Zero, P Zero Corsa, MC1 per la pista e Sottozero 3 per i mesi invernali.

Costruita per essere veloce. La 650S non è un animale da controsterzo, assomiglia di più a un rasoio che, se vuoi apprezzare nel suo taglio migliore, bisogna studiare bene perché, se è vero che i limiti sono inavvicinabili su strade normali, il suo carattere non è di quelli concilianti. Non è tanto questione di rispetto e cautela, ma di tecnica di guida. In questo senso questa McLaren è davvero britannica e diversa dalle avversarie “continentali” perché guarda al sodo di chi la conduce e non concede confidenze di stampo latino. Insomma non ti sorride, ma ti dice “bravo” facendoti andare fortissimo, se ci sai fare. È una macchina che misura con implacabile esattezza l’abilità di chi la guida, ricca di adrenalina “on the rocks”, magari un po’ gelida, ma abbondante. Come una secchiata. E non ne servono di benzina. Secondi i dati di omologazione, i consumi sono di 11,7 litri/100 km, pari a 275 g/km di CO2, un valore eccezionale perché vuol dire 0,58 g/km per cavallo, meglio di una Toyota Prius ibrida. Un confronto probabilmente illecito, ma suggestivo.

McLaren, stile di vita e stile di guida. La differenza si nota da fermo: il rombo contro il silenzio che però arriva anche per noi alla fine della giornata. Il pulsante riceve una leggera pressione, il V8 rimette la sciabola nel fodero e, una volta tirata la maniglia, la porta si anima di rumori sinistri prima di poter essere di nuovo sollevata. Non c’è la bandiera a scacchi che si abbassa, ma il senso è quello: la strada e la pista possono essere vissuti allo stesso modo, a bordo di una McLaren.

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Mercoledì 1 Ottobre 2014 - Ultimo aggiornamento: 22-11-2014 06:36 | © RIPRODUZIONE RISERVATA