Calcara (Hyundai Italia): «La transizione elettrica non si può fermare, per Hyundai la rete dei dealer resta centrale»

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A poco più di un anno dal suo arrivo alla guida di Hyundai Italia, il Presidente e CEO Francesco Calcara ha tracciato con noi un primo bilancio fatto di sfide e risultati concreti. In un mercato in piena trasformazione, tra elettrificazione, nuove esigenze di mobilità e il debutto del marchio premium Genesis, il manager ha sottolineato due capisaldi della strategia: il rafforzamento della rete dei concessionari e un processo di crescita costante del brand, per far emergere tutto il valore tecnologico e innovativo di Hyundai. Nella nostra intervista, Calcara ha raccontato le priorità del futuro, come la sfida dell’elettrico, oltre all’ingresso della famiglia del concessionario Carpoint di Roma.
Dottor Calcara è trascorso un anno dal suo insediamento nel ruolo di Presidente e CEO di Hyundai Italia, può fare un primo bilancio?
«Il bilancio non può che essere positivo. Siamo in linea con i volumi dello scorso anno, la market share è la stessa. Considerando che la gamma, a parte l’ingresso di Inster, è di fatto quella dell’anno scorso, è segno che si è lavorato bene. La sfida più grande è stata la ristrutturazione della rete: un processo iniziato due anni fa e che negli ultimi mesi è entrato nella fase cruciale. Abbiamo confermato i dealer più meritevoli, fatto uscire dalla rete chi non rispettava i nostri standard e, non per ultimo, abbiamo attratto grandi imprenditori».
Quindi la rete resta centrale nel modello di business Hyundai?
«Assolutamente si. Oggi ci confrontiamo con 80 imprenditori, meno rispetto a prima, ma abbiamo aumentato i numeri dei punti vendita arrivando a quasi 150 concessionari. Per ora è un numero giusto, ma non siamo assolutamente arrivati. Ora cerchiamo di stabilizzare quanto fatto finora per poi andare nella direzione di mantenere una capillarità geografica, riducendo il numero di imprenditori per creare maggior business per ciascuno di essi, così che Hyundai diventi centrale nel loro portafoglio».

Hyundai Italia non prevede di passare al modello di agenzia?
«Non c’è alcuna intenzione di passare al modello di agenzia, come hanno fatto altri nostri competitor. I dealer sono partner fondamentali per Hyundai. Oggi il personale in concessionaria è consulenziale: oserei dire che l’auto viene quasi dopo. Bisogna innanzitutto capire i bisogni reali del cliente, i servizi, le soluzioni di mobilità più adatte a loro. Con un’offerta sempre più vasta oggi è molto facile sbagliare: la consulenza del dealer diventa quindi imprescindibile».
A tal proposito, l’ingresso del concessionario Carpoint su Roma è certamente un passo significativo…
«Decisamente. Carpoint è un’istituzione a Roma, non solo per storicità ma anche per importanza e risultati. Nella Capitale siamo passati da quattro a tre imprenditori, con Carpoint che entra con il suo punto vendita storico. È un gruppo solido, con un management di primo livello: Domenico Chianese è stato presidente di Ford Italia, Andrea Badolati ex AD di ALD Automotive. È un’azienda radicata, ma che ha un management al top in grado di evolve in base alle esigenze di mercato. Per noi questa scelta è strategica. A tal proposito per Hyundai conta ancora molto la location dei propri concessionari».
Rispetto la vendita online, come vi posizionate?
«La vendita online in Italia non esiste davvero, tranne forse rare eccezioni e se si hanno poche opzioni di scelta e personalizzazione. Per noi l’online è importante come mentalità e customer experience, ma resta marginale nella vendita del nuovo. È invece fondamentale sull’usato: lì l’unicità del prodotto ti porta quasi a chiudere l’acquisto online. Ma anche nel caso dell’usato, il contatto col dealer rimane essenziale».
Passando al post-vendita: sarà più capillare dei 150 concessionari?
«Avremo sicuramente qualche autorizzato in più, ma parliamo di poche decine. La strategia è lasciare il business ai nostri imprenditori. Il cliente oggi tiene l’auto più a lungo, e l’assistenza diventa sempre più centrale».

Veniamo al mercato italiano: quali sono le sfide principali?
«Personalmente oggi ci sono due grandi sfide. La prima: far capire che la transizione elettrica non si può fermare. Non è un male necessario bensì un’opportunità. Noi di Hyundai abbiamo otto tipologie di motorizzazione, dal GPL all’idrogeno, ma l’elettrico va spinto. Il problema è che oggi manca la consulenza. In Italia abbiamo un bacino del 26-27% di potenziali clienti che potrebbero acquistare un’auto elettrica, ma il dato di vendita reale è solamente del 5%. C’è quindi un problema che prescinde da ciò che normalmente si racconta sull’elettrico, perché il 22% si perde, di fatto, nella filiera. La seconda sfida riguarda le flotte. Da 25 anni a questa parte parliamo di deducibilità e detraibilità sempre uguali. Così, vedendo cosa accade in molti altri mercati, perdiamo molte opportunità e margini. Per questo Hyundai vuole spingere sulle flotte già a partire da quest’anno».
Quali modelli saranno centrali nelle flotte?
«Tucson è già la best seller, ma la gamma dei SUV ci permette di coprire gran parte dei segmenti, come nel caso di Kona e Santa Fe. Abbiamo tutte le soluzioni: termiche, diesel, benzina, full hybrid, plug-in ed elettrico. Siamo pronti per qualsiasi esigenza».

Sull’elettrico, quali sono le strategie per abbattere le barriere di accesso?
«Bisogna parlare di utilizzo, non di proprietà. Offrire rate chiare e flessibilità, in modo che il cliente possa essere libero di capire le proprie esigenze. Inoltre bisogna sfatare i falsi miti, come quello dell’autonomia: più di 400 km bastano, il tema vero è la velocità di ricarica. Con Ioniq abbiamo 800 Volt di ricarica rapida e oltre 600 km di autonomia. Un ulteriore esempio concreto è sicuramente Inster. Con la vettura offriamo la wallbox portatile inclusa, che si collega a una normale presa senza bisogno di istallazione. E, ricaricando a casa, si spende meno che con un’auto GPL. Sono barriere che vanno abbattute una per una».
A proposito di Inster, come sta andando sul mercato italiano?
«Sta andando bene, soprattutto nel privato. Non siamo nella top ten generale, ma nella top ten dei privati sì, ed è quello che conta. In un confronto con altri modelli dello stesso segmento siamo lì. È una macchina pensata per i privati e lì si gioca la partita».

Un’altra novità importante è l’arrivo di Genesis in Italia…
«Quella è una sfida che mi diverte. È un marchio premium a tutti gli effetti, con un prodotto eccezionale. Il brand va costruito, ma la base è solidissima. Non vogliamo confrontarci con i tedeschi, ma puntare al livello degli svedesi. In Italia partiremo con modelli esclusivamente elettrici e con una rete molto selettiva».
Quindi i concessionari Genesis, rispetto a quelli Hyundai, saranno un numero inferiore?
«Sì, pochi ma mirati. Non ha senso pensare ad avere centinaia di concessionari soprattutto all’inizio. È, di fatto, un libro che stiamo ancora scrivendo qui in Europa. Partiremo con numeri bassi, probabilmente molti saranno già dealer Hyundai, ma con requisiti precisi di mindset, gestione e location».
Possiamo immaginare che Roma sarà coperta da subito?
«Non posso confermarlo, ma è evidente che Roma sarà una piazza chiave».
Non per ultimo, Hyundai non è solo automotive…
«Esatto, ricordiamo che Hyundai non fa solo auto. Il nostro motto “Progress for Humanity” è ad ampio spettro e concreto. Perché parliamo di robotica, Intelligenza Artificiale, di droni per il trasporto umano o di auto a guida autonoma, solo per citarne alcune. Non è mai stato raccontato pienamente tutta quella che è la tecnologia, la sostenibilità e l’innovazione che Hyundai porta con sé».




