Il presidente della FIA Jean Todt

Jean Todt non ha dubbi: «Per salvare la F1 è fondamentale ridurre i costi»

di Massimo Costa
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Il presidente della FIA Jean Todt ha concesso una lunga intervista in video conferenza. L'ex team principal della Ferrari, ha toccato tutti gli aspetti relativi al difficile momento che il mondo sta attraversando, coinvolgendo di riflesso il motorsport. Ed ha analizzato quello che potrà essere il futuro della F1.

"La prima cosa che voglio fare quando finirà tutto? Ringraziare chi ci permetterà di tornare a una vita normale. Dovremo tutti essere più umili, questa pandemia ci ha ricordato come l’essere umano sia ancora tutto da esplorare: non abbiamo ancora cure per certi tipi di tumori, leucemie, per il Parkinson e l'Alzheimer».

Lei ha diretto il reparto corse Ferrari per 14 anni, che cosa prova quando vede le immagini che arrivano dall’Italia?
«Ho tanti amici da voi, contatti quasi quotidiani. Siete stati il primo Paese europeo colpito, con un numero di vittime allucinante. Penso a loro e chi aiuta i malati».

C’è una idea di ripartenza per il Mondiale F1?
«Quando si parla di calendari, ci si pongono di fronte due problemi: il primo è legato alle disposizioni governative, il secondo alla effettiva voglia di corse. Questo è un sentimento che non va sottovalutato perché esiste il rischio di non suscitare l’interesse di cui un evento avrebbe bisogno. Teniamo presente che una pandemia così vasta non si era mai vista e non sappiamo ancora come curarla».

McLaren, Racing Point, Williams, Renault e persino Liberty Media che organizza il campionato hanno tagliato gli stipendi e messo a riposo forzato i propri dipendenti: mai la F.1 ha rischiato la propria sopravvivenza come ora.
«E’ ovvio che accanto alle vittime del virus ci saranno quelle provocate dall’economia. Ma questa situazione costituisce pure una opportunità per ridimensionare i costi dei vari campionati. Dobbiamo trovare delle medicine per permettere a tutti di restare in gioco, il “cost cap” era già stato deciso, ma ci sono tante voci escluse di cui dobbiamo discutere e dobbiamo rivedere le cifre al ribasso. Ovvio che questo crea problemi a chi è abituato a spendere tanto e che ora si vedrebbe costretto a una drastica riduzione. Ma qui ne va della sopravvivenza dei campionati. La F.1 rischia di perdere dei concorrenti».

La Ferrari ha proposto un budget cap differenziato tra costruttori e semplici team clienti. Che ne pensa?
«Come sempre non c’è unanimità sulla strada da prendere. Ma, sentiti tutti, FIA e Liberty elaboreranno una proposta definitiva. Quello che mi sento di dire è che cercheremo di assumere la decisione più in linea con questa terribile situazione. Non è più tempo di fare battaglie per spendere più soldi, ma per risparmiarli. In questa ottica abbiamo fatto slittare le nuove regole dal 2021 al 2022».

Ma dopo questa crisi i team avranno le risorse per poter affrontare questa nuova sfida?
«Le nuove macchine sono state pensate proprio per ridurre globalmente i costi a lungo termine oltre che per migliorare lo spettacolo e diminuire il divario tra i team».

L’accordo trovato con le squadre sulle regole significa che la guerra mossa da alcuni team contro la FIA per l’affare power unit della Ferrari è da considerarsi conclusa? O teme che, passata la pandemia, possa ricominciare?
«Non temo alcunché, c’è stato uno scambio di lettere coi team e nel frattempo un concorrente ha lasciato perdere dopo aver esercitato una certa leadership sulla questione. Per me è un caso chiuso».

Il suo punto di vista su questa vicenda?
«L’anno scorso abbiamo compreso, e ci è stato suggerito anche da altri concorrenti, che la Ferrari stesse interpretando il regolamento sull’utilizzo del motore in una maniera che non fosse legale. I nostri tecnici hanno indagato, coinvolgendo Maranello e io ho sempre suggerito alle altre scuderie, che se non si fossero ritenute soddisfatte, di presentare reclamo. Nessuno lo ha fatto. Però, noi abbiamo voluto andare sino in fondo per garantire la trasparenza dello sport, manifestando la nostra insoddisfazione sull’interpretazione data dalla Ferrari. Nel frattempo abbiamo fatto approvare un regolamento che impedisce al Cavallino di utilizzare il motore nel modo in cui pensiamo l’abbia fatto nel 2019. Di conseguenza, quando i GP ripartiranno, saremo tutti tranquilli. Maranello ha sempre contestato la nostra interpretazione e io avrei potuto trascinare la questione davanti al Tribunale d’Appello, ma ciò avrebbe creato una situazione di tensione per mesi, forse anni, nel mondo della F.1. Così alla fine abbiamo trovato un accordo con la Ferrari».

Che però è rimasto confidenziale, nel senso che non conosciamo i contenuti.
«Lo prevede l’articolo 4 del codice di disciplina: è facoltà di una delle parti chiedere che resti confidenziale. Ma nessuna segretezza, tanto è vero che, una volta trovata, l’intesa è stata resa pubblica».

Lei ha sostenuto anche che la Ferrari è stata punita. In che modo?
«Questo fa parte dell’accordo confidenziale».
 
In questa vicenda lei è stato accusato di parzialità, insinuando che siccome suo figlio gestisce Leclerc abbia avuto un occhio di riguardo per la rossa.
«Accusa allucinante. Come FIA avremmo potuto decidere di non indagare visto che nessuno aveva sporto reclamo, invece, proprio per il nostro ruolo di arbitro, siamo andati sino in fondo. Nicolas nella sua attività manageriale ha spesso pagato il fatto di essere mio figlio, facendo in modo di evitare un conflitto di interesse. Ad esempio, le Formula E sono prodotte dal suo ex socio Vasseur che ha vinto il bando. Mio figlio a quel punto ha dovuto fare un passo indietro e il socio ha creato una sua società. Veniamo alla Ferrari, ci sono due opinioni al proposito su di me: c’è chi dice che la voglia punire e chi, invece, che intenda proteggerla per lo stesso motivo, ovvero perché ci ho lavorato. Sono stato anche alla Peugeot, ho fatto il navigatore nei rally, tutti capitoli esaltanti, unico quello che ho vissuto a Maranello. Ma sono tutti alle spalle, ora sono concentrato su questo capitolo».

La Dorna ammette che il motomondiale potrebbe non partire quest’anno. Lei teme che possa accadere anche alla F.1?
«Così come è scoppiata la pandemia, finirà. A Wuhan la vita è ripartita, succederà anche da noi. Credo da giugno in poi e allora a luglio forse si potrà correre».

Ma era necessario mettere a rischio la salute dei componenti dei team, facendoli volare in Australia?
«Per me l’Australia è stata gestita molto bene, riprenderei le stesse decisioni. In quei giorni non c’era la percezione esatta di ciò che stava succedendo. Qui in Francia una settimana più tardi abbiamo votato per i sindaci e tre giorni dopo era tutto chiuso. Però, questo dovrebbe essere il tempo della solidarietà, dell’unità di intenti per trovare soluzioni e non quello delle recriminazioni».

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Venerdì 17 Aprile 2020 - Ultimo aggiornamento: 20-04-2020 11:57 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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