Toyota e Mazda uniscono le forze per riutilizzare le batterie della auto elettriche e ibride

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HIROSHIMA – Toyota e Mazda hanno deciso di affrontare insieme una delle questioni più delicate legate alla mobilità elettrica: la gestione delle batterie una volta giunte al termine del loro “ciclo di vita” a bordo delle auto. Dal 21 agosto, nello stabilimento Mazda di Hiroshima, è partito un test che mette al centro lo Sweep Energy Storage System, una tecnologia sviluppata da Toyota per trasformare accumulatori dismessi in una risorsa preziosa per il bilancio energetico delle fabbriche.
Il principio è semplice ma rivoluzionario. Le batterie provenienti da veicoli ibridi, plug-in, elettrici e perfino a celle a combustibile, anche se non sono più idonee a garantire l’autonomia e le prestazioni richieste sulle auto hanno ancora una riserva significativa di energia da offrire. Invece di destinarle subito al riciclo, Toyota e Mazda hanno scelto di sperimentarne un impiego industriale, un passaggio chiave che si inserisce nella strategia giapponese di costruire una filiera circolare delle batterie e ridurre la dipendenza da materie prime critiche come litio e cobalto.

Al centro del progetto c’è la funzione “sweep”, capace di coordinare pacchi batteria eterogenei, con chimiche e stati di salute diversi, e di escludere in microsecondi i moduli più degradati mantenendo in funzione quelli ancora efficienti. Questo approccio modulare consente di sfruttare al massimo la capacità residua riducendo, di conseguenza, sprechi e dispersioni energetiche. Inoltre il sistema riutilizza gli stessi inverter di trazione, già presenti nelle vetture, restituendo energia in corrente alternata senza bisogno di un costoso e ingombrante power conditioner centrale. Significa meno conversioni, meno perdite, maggiore semplicità e un abbattimento dei costi complessivi di impianto.
L’esperimento di Hiroshima rappresenta anche una novità sul piano delle alleanze industriali. È infatti la prima volta che Toyota avvia un test di questo genere in collaborazione con un altro costruttore. Mazda, dal canto suo, inserisce l’iniziativa in una percorso di elettrificazione che procede su più fronti: dal parco fotovoltaico da 1,1 MW, già attivo per sostenere produzione e ricariche, fino al nuovo impianto per la realizzazione di pacchi batteria con celle cilindriche Panasonic, destinato a raggiungere 10 GWh annui. In questo contesto, lo Sweep diventa un ulteriore strumento nel circolo virtuoso del costruttore nipponico.

Guardando oltre i confini del Giappone, si tratta di una tendenza già ben avviata in Europa e negli Stati Uniti. La Johan Cruijff Arena di Amsterdam utilizza da anni le batterie recuperate dalle Nissan Leaf per i propri sistemi di backup e accumulo, mentre Renault ha sviluppato progetti “Advanced Battery Storage” in Francia e Germania, con capacità che puntano a decine di MWh. Realtà emergenti come Redwood Materials hanno invece cominciato a strutturare linee dedicate proprio alla selezione e al riutilizzo dei pacchi in microreti, prima che questi vengano destinati al riciclo. Toyota e Mazda scelgono una strada affine, ma con un vantaggio distintivo: l’utilizzo dei componenti già a bordo delle vetture, che semplifica enormemente la scalabilità e potrebbe ridurre sensibilmente i costi di replicazione in altri contesti industriali.
Restano tuttavia tre nodi cruciali da sciogliere. Il primo riguarda la disponibilità di pacchi batteria idonei e la loro logistica: servono processi di selezione e certificazione rigorosi, altrimenti l’efficienza del sistema rischia di non essere uniforme. Il secondo punto è l’equilibrio economico: i risparmi promessi dall’eliminazione di alcune componenti vanno dimostrati sul lungo periodo, valutando il costo totale di proprietà. Infine, la questione normativa: per sfruttare appieno il potenziale di questi sistemi occorre che la regolamentazione riconosca e valorizzi il ruolo delle batterie di seconda vita anche come fornitori di servizi di rete, non solo come supporto interno agli stabilimenti.

In ogni caso, il messaggio che arriva da Hiroshima è chiaro. In un momento in cui l’industria automobilistica giapponese sta esplorando percorsi paralleli verso la neutralità carbonica, dare una nuova funzione alle batterie dismesse diventa non solo un gesto di sostenibilità ambientale, ma anche una scelta strategica per contenere i costi energetici e ridurre la vulnerabilità della supply chain. Non si tratta di una soluzione inedita, ma di un passo avanti sul piano dell’integrazione tecnologica: rendere compatibili pacchi eterogenei, sfruttarne il residuo energetico e ridurre gli strati di conversione è esattamente quel tipo di innovazione che non si vede dall’esterno, ma che può fare la differenza nella sostenibilità industriale della transizione elettrica.




