GM taglia stime 2019, maxi-sciopero pesa per 3 miliardi. Casa si schiera con Trump su emissioni

GM taglia stime 2019, maxi-sciopero pesa per 3 miliardi. Casa si schiera con Trump su emissioni

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NEW YORK - General Motors batte in scioltezza le stime per il terzo trimestre: fa decisamente meglio delle attese nonostante il maxi-sciopero di 40 giorni che ha bloccato le sue fabbriche americane. Uno sciopero che presenta un conto salato per il 2019: costa al colosso di Detroit quasi 3 miliardi di dollari in utili persi e lo costringe a rivedere al ribasso i suoi target per l’anno. L’utile per azione è atteso fra i 4,50 e i 4,80 dollari per azione, in deciso calo rispetto ai 6,5-7 dollari inizialmente previsti per il 2019. Il free cash flow sarà meno di un miliardo di dollari rispetto a una stima di 4,5-6 miliardi di dollari. La revisione al ribasso non pesa sui titoli Gm, che avanzano decisi a Wall Street guadagnando oltre il 5%. Gli investitori sono rassicurati dalla maggiore chiarezza sui costi dello sciopero e da risultati trimestrali solidi nonostante le difficoltà in Cina, dove l’utile di General Motors è calato del 42% a 282 milioni di dollari.

Complessivamente il periodo luglio-settembre si è chiuso con un utile netto in calo a 2,3 miliardi di dollari su ricavi scesi dello 0,9% a 35,5 miliardi di dollari, sopra le attese degli analisti. Lo sciopero che ha visto 46.000 dei suoi dipendenti aderenti al United Auto Workers, il potente sindacato dei metalmeccanici americano, incrociare le braccia per quasi sei settimane ha avuto un impatto negativo sul trimestre pari a un miliardo di dollari. L’utile operativo in nord America è salito a 3 miliardi di dollari spinto da un aumento delle vendite del 6% grazie al buon andamento della domanda di Suv. I conti di Gm arrivano in coincidenza con la discesa in campo della casa automobilistica a fianco dell’amministrazione Trump nella battaglia con la California sulle emissioni. Gm, Fca e Toyota scelgono infatti si appoggiare il presidente americano nella convinzione, riporta il New York Times, che è il governo federale e non la California a dover dettare gli standard sulle emissioni di auto e mezzi pesanti.

Una presa di posizione che le pone in contrasto con quella di Bmw, Honda, Volkswagen e Ford, che hanno invece raggiunto un accordo con lo stato per seguire le sue regole più stringenti sulle emissioni. L’industria dell’ auto si mostra così spaccata di fronte a una battaglia importante che rischia di avere un forte impatto sul mercato delle quattro ruote americano, e sulle casse dei costruttori già alle prese con la rivoluzione dell’elettrico e delle auto autonome.

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Mercoledì 30 Ottobre 2019 - Ultimo aggiornamento: 31-10-2019 12:09 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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