Carlos Ghosn durante la conferenza stampa di ieri a Beirut

Ghosn: «Rinato da quando sono arrivato a Beirut. Fuga costata 350mila euro? Numeri generosi»

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BEIRUT - «Sotto alcuni punti di vista sono rinato arrivando a Beirut». Lo afferma l’ex numero uno di Nissan, Carlos Ghosn, in un’intervista a Cnbc, sottolineando di «non poter discutere i dettagli» della fuga dal Giappone perché «esporrei le persone che mi hanno aiutato». Ghosn non entra nei dettagli del costo della sua fuga dal Giappone che, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe costata 350.000 dollari. «Si tratta di numeri generosi», dice lui.

L’ex patron di Nissan-Renault, ha parlato ieri per la prima volta da Beirut dove si è rifugiato dopo la rocambolesca fuga dal Giappone. E punta il dito sulla Nissan, spiegando di essere stato «fatto fuori» dalla casa giapponese, collusa con la procura di Tokyo, perché visto come artefice della crescente influenza di Renault a scapito del marchio nipponico. Racconta così l’operazione, poi sfumata, con Fca-Chrysler: «Trattavo direttamente con John Elkann, l’accordo doveva essere concluso in un incontro a gennaio (2019) ma sono stato arrestato e poi mi hanno messo in una cella di isolamento». È «incredibile» che Renault non sia riuscita a raggiungere la fusione con Fca, ha detto mostrandosi combattivo e pieno di sé, davanti ad una platea affollata di giornalisti.

Un incontro, durato più di due ore, durante il quale Ghosn ha parlato in inglese, francese, arabo e portoghese: l’ex ‘magò dell’industria mondiale di auto, titolare di passaporto francese, libanese e brasiliano, ha ribadito più volte l’accusa di un ‘complottò orchestrato da Nissan con l’appoggio della procura di Tokyo. Parole e concetti anticipati dalle recenti dichiarazioni della moglie che ha parlato di un «golpe industriale». La procura nipponica ha sempre respinto ogni accusa, affermano che l’ex dirigente ha «fallito la giustificazione dei suoi atti», accusandolo di criticismo «unilaterale» e «inaccettabile» al sistema giudiziario e legale giapponese. Ma a Beirut, Ghosn ha ribattuto di aver invece «i documenti e le prove» per mostrare la sua innocenza; che può «fare tutti i nomi delle persone coinvolte nel complotto», ma che non vuole «nuocere agli interessi del Libano», paese in cui è entrato col passaporto francese.

«Oggi è un giorno felice per me - ha detto - perché sono finalmente libero di esprimermi... posso così lavare l’onta subita». Ghosn ha detto di esser stato detenuto «in condizioni brutali e contro i principi fondamentali del rispetto dei diritti umani». In Giappone è accusato di illeciti finanziari, derubricati in quattro diversi capi di accusa, commessi dal 2010 al 2018 e che ammontano a oltre 70 milioni di euro. Era stato fermato la prima volta nel novembre del 2018 a Tokyo. Ad aprile scorso gli era stata accordata la libertà vigilata, ed era in attesa di processo. Ma a fine dicembre è riuscito a fuggire verso Beirut. Il Paese dei Cedri non ha un accordo di estradizione con le autorità nipponiche. Le autorità di Beirut hanno ricevuto il mandato di arresto da parte dell’Interpol. E adesso, come da procedura, Ghosn dovrà esser ascoltato da un procuratore libanese.

Sulla sua evasione Ghosn non ha voluto fornire dettagli per «proteggere le persone coinvolte». Ma ha detto che «è stata la decisione più difficile della mia vita, presa per proteggere me stesso e la mia famiglia». «Ero in ostaggio in Giappone e rischiavo di morirci» in attesa di un «processo che sarebbe potuto durate cinque anni». L’ex manager ha ribadito che non si è «voluto sottrarre alla giustizia bensì all’ingiustizia e all’oppressione». Ma da Tokyo la procura ha replicato: Ghosn dovrebbe «incolpare solo se stesso per essere stato arrestato», in forza del fatto che ha «palesemente violato violato la legge giapponese per evitare le conseguenze dei crimini che ha commesso».

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Giovedì 9 Gennaio 2020 - Ultimo aggiornamento: 10-01-2020 11:52 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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