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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
La Hyundai a batterie ed idrogeno N 74

Hyundai N Vision 74, la prima ibrida tutta elettrica: energia sia dalle batterie che dall'idrogeno

di Giorgio Ursicino

Batterie più idrogeno sullo stesso veicolo, il sogno di tutte le auto elettriche. Ora la profezia si avvera e presto potrebbero circolare sulle strade vetture che offrono il meglio dei due mondi, tecnologie che qualcuno potrebbe pensare addirittura in concorrenza fra loro. Dando ulteriore impulso alla mobilità ecologica che è improvvisamente sbocciata sotto la spinta della transizione energetica e sta facendo passi da gigante in onore del rispetto ambientale. Non più un punto di vista, ma una scelta obbligata per tutti. Hyundai, poche parole, molti fatti. Non è poi trascorso molto tempo dagli anni Settanta quando la neonata divisione automobilistica del gruppo coreano iniziò a produrre su licenza vetture Ford per il mercato locale, blindato da forti dazi d’importazione. Nel 1974 la piccola-grande svolta.

Chung Ju-yung, il fondatore della multinazionale di Seul, decise di mettersi in proprio anche nell’automotive e mostrò la prima “nativa” Hyundai, un gioiellino fatto in gran parte in casa al Salone di Torino. Per realizzare la Pony, il manager visionario seguì la sua filosofia, cambiando i partner per plasmare il prodotto migliore. Fece un accordo con i tecnologici (all’epoca) giapponesi della Mitsubishi per utilizzare le sofisticate powertrain nipponiche. E venne in Europa, anzi in Italia, per farsi disegnare la sua prima compatta dall’allora Giotto delle quattro ruote. In Piemonte, terra fertile per il design automobilistico, Giorgetto Giugiaro trasformava in oro tutto quello che passava per la punta virtuosa della sua matita. Il sarto dei veicoli più in auge aveva da poco disegnato la Golf, la regina del Continente nei decenni a venire.

La Pony non fu da meno. Iniziò l’avventura delle esportazioni trovando successo anche in Canada, un mercato non proprio tagliato per le dimensioni ridotte. Oggi, dopo neanche mezzo secolo, la Hyundai, insieme alla Kia entrata nel Gruppo, è il quarto costruttore mondiale, in costante lotta per il podio e lanciato verso i dieci milioni di veicoli l’anno che possono rappresentare la leadership assoluta. Qualità, efficienza, sicurezza. Soprattutto essere al passo con i tempi puntando sull’innovazione sempre accessibile. Un esempio per tutti, aver imboccato la strada dell’azzeramento delle emissioni prima che diventasse moda e, poi, “legge”. La magnifica piattaforma E-GMP, Electric-Global Modular Platform, esclusivamente per motori elettrici, è già una realtà commerciale per diversi modelli, mettendo i coreani in una posizione di indubbio vantaggio rispetto ad alcuni concorrenti.

Ora il sasso nello stagno e non è affatto un tuffo silenzioso. In contrasto con il suo sfrecciare con accelerazioni bruciati senza far rumore. Hyundai Group è in anticipo sull’auto a batterie. Lo è, ancor più, nello studio e nell’applicazione delle fuel cell, il modo di utilizzare l’idrogeno senza assolutamente inquinare in campo automobilistico. Per dare questa dimostrazione, quasi uno schiaffo virtuale ai colleghi di altri costruttori, Hyundai ha chiamato in causa tutte le sue eccellenze, coordinate dalla divisione N, forse non la più nota, ma certo non la meno importante. Nel brand ad alte prestazioni, diciamola tutta, in molti vorrebbero lavorare. Oltre a filtrare con il motorsport (eccellenti i risultati nei rally) alla N si occupano, fra le diverse cose, di anticipare quello che accadrà domani, le auto del futuro. Il tutto, però, in un’ottica “N” che ha i suoi punti fermi, una vera filosofia di marchio: il “Corner Rascal”, la “Racetrack Capability” e l’“Everyday Sports Car”.

Il tutto sintetizzato significa un antico approccio: performance da corsa con la possibilità di usare l’auto anche tutti i giorni. La Hyundai è all’avanguardia nella produzione dell’auto a batteria e nei prossimi anni ne lancerà diversi modelli producendone svariati milioni. Forse lo è ancora di più sulle celle a combustibile visto che ha già messo in strada sia vetture, sia veicoli da lavoro. Ecco che ora mette insieme le due tecnologie di alimentazione, entrambe fatte per mettere le ali all’auto elettrica che è l’unica soluzione al posto di quella spinta per anni dai motori termici. Lo fa in stile “N”, quindi per ora con un prototipo da pista in grado di raggiungere prestazioni estreme contando anche sull’aspetto del peso (quindi i materiali) ed aerodinamico.

Molti test e prove vengono svolti nel Centro che il costruttore orientale ha nell’inferno verde, il vecchio circuito del Nürburgring, lungo oltre venti chilometri nella foresta tedesca. Il mostro docile-docile si chiama N Vision 74 ed è un “rolling lab”, un avanzato laboratorio viaggiante. La cosa più intrigante che gli ingegneri hanno dovuto fare è sviluppare un sistema di controllo attraverso il quale la doppia energia confluisce nel powertrain unico formato da due motori ad elettroni per una potenza complessiva di 500 kW. Per motivi di baricentro, essendo l’auto molto sportiva, la batteria a T (di capacità un po’ inferiore ad una elettrica pura) non è posizionata sotto il pianale, ma dietro la spalle del pilota. Un po’ più articolata la disposizione della parte riservata all’idrogeno che non pesa di più pur occupando maggiore spazio.

La pila di celle a combustibile (le famose fuel cell) è disposta anteriormente, mentre i serbatoi, che contengono 2,1 litri di idrogeno allo stato gassoso a 700 atmosfere, sono sull’asse posteriore, esattamente sopra i due propulsori ad induzione. La progettazione di tutto il sistema di integrazione e del software di controllo di N Vision 74, sviluppato internamente, ha molti punti in comune con quella dei camion a idrogeno Hyundai XCIENT Fuel Cell, operativi da due anni in Svizzera e in Germania. La possibilità di avere una doppia ricarica fornisce molta flessibilità e consente di avere un picco di spinta notevolmente superiore alle auto con mono alimentazione. La Vision 74 è un’ibrida, quindi, soltanto che non utilizza energia elettrica e quella del carburante che è inquinante.

L’energia è tutta elettrica, l’ibridizzazione sta nel fatto che una parte è contenuta nell’accumulatore al litio, l’altra prodotta a bordo per mezzo dell’idrogeno che si miscela con l’ossigeno presente nell’aria dando vita a forza e calore. Per volare in pista servono tutti e due i sistemi che sommano la loro potenza. Quando la batteria è scarica, c’è l’idrogeno, e questo, oltre a far viaggiare l’auto, può rifornire l’accumulatore. La vettura, ovviamente, avendo i motori elettrici li utilizza come generatori quando si può recuperare energia in rilascio o in frenata. La flessibilità c’è anche nelle operazioni di rifornimento.

Quando c’è un po’ più di tempo e c’è una spina a portata di mano, conviene rimpolpare la batteria. Se capita un distributore d’idrogeno (in Italia, almeno per ora, è merce rara), è consigliato fare il pieno alle bombole per cui servono meno di cinque minuti. I propulsori posteriori, uno per ruota, lavorano in modo indipendente e sono coordinati dal software, quindi in grado di generare anche l’effetto “torque vectoring” prezioso per la dinamica di guida.

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Sabato 24 Dicembre 2022 - Ultimo aggiornamento: 27-12-2022 18:33 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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