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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino
Michele Crisci, presidente dell'Unrae

Auto, azzerate le vendite a marzo. I costruttori chiedono immediato aiuto al governo

di Giorgio Ursicino

Sapevamo che il marcato era fermo, ma i numeri fanno lo stesso impressione. Ieri, come sempre il primo del mese, il Ministero ha reso noto i dati di immatricolazione del mese precedente e, a marzo, lo scenario è da Caporetto. Non poteva essere altrimenti. A parte tutte le concessionarie chiuse e le persone prigioniere in casa, in un contesto del genere non c’è la voglia né il coraggio di acquistare un oggetto, sì indispensabile ma, decisamente costoso e niente affatto deperibile. Sono state targate appena 28.597 vetture, quasi 167 mila unità in meno dello stesso periodo del 2019 quando furono consegnate 194.273 auto (marzo è da sempre uno dei mesi migliori).

Il calo è del 85,4% che si somma al bimestre già fiacco e porta il cumulato a -35% (-6% a gennaio, -8,8% a febbraio). L’ecatombe ha immediatamente portato la situazione al collasso. Il settore automobilistico, infatti, muove grossi fatturati, ma genera profitti in percentuale bassi. L’ultimo anello della catena, i concessionari, utilizzano in modo rilevante le linee di credito del sistema bancario. Fino a che la ruota gira, il castello sta in piedi, ma il lockdown ha fatto saltare tutto con il rischio che le banche chiudano i rubinetti perché le aziende non sono più affidabili. A fare da ombrello ci sono i costruttori che tutelano le loro reti .

Le Case hanno un’influenza globale e in questo periodo possono contare su mercati meno penalizzati dal coronavirus; in più, hanno una finanza più strutturata, con una liquidità propria e coperture bancarie che garantiscono molto più ossigeno. Proprio i costruttori sono scesi in campo chiedendo al governo, per voce del presidente di Unrae Michele Crisci, un intervento immediato per un comparto che conta 1.400 concessionarie e oltre 150 mila posti di lavoro: se non riceve subito un supporto, potrebbe lasciare a casa decina di migliaia di addetti.

Il governo, in questo momento, ha problemi più gravi con il covid-19 e con la drammatica emergenza sanitaria, ma è interessato in prima linea per il bilancio dello Stato. L’automotive tutto genera oltre il 10% delPil nazionale, è il principale contribuente per l’Erario (quasi 80 miliardi l’anno, una percentuale vicina al 20% del totale) e ogni 100 mila auto vendute garantisce un flusso di mezzo miliardo di Iva. E le previsioni fatte dall’associazione dei costruttori sono drammatiche. Senza interventi immediati e corposi, nelle migliore delle ipotesi (la ripartenza ci sarebbe a giugno), il mercato chiuderebbe il 2020 con 1,3 milioni di targhe, 600 in meno rispetto all’anno scorso.

Se addirittura la pandemia avesse i suoi effetti fino ad agosto, le perdite salirebbero ancora e l’anno si chiuderebbe a 1,1 milioni di vetture, livelli da far impallidire la crisi finanziaria del 2009. Ecco il piano proposto dall’Unrae che quasi sicuramente l’esecutivo dovrà far suo. Interventi della durata di 18-24 mesi che richiederebbero circa 3 miliardi che, come abbiamo visto, si recuperano velocemente con l’Iva contando poi sull’affetto traino. Ci sono due tipi di misure. Le prime, oltre all’immediatezza, sarebbero temporanee.

Le altre, secondo l’Associazione, dovrebbero essere definitive, quindi strutturali, perché consentirebbero all’Italia di allinearsi all’Europa. Le prime consistono in un’estensione dell’Ecobonus con incentivi all’acquisto (e premio rottamazione) fino ad auto con emissioni inferiori a 90 g/km di CO2. Aiuti anche per i commerciali, gli industriali e gli autobus con l’estensione del superammortamento. La misura strutturale non può che riguardare le auto aziendali che hanno un regime fiscale che ci tiene lontano dagli altri paesi dell’UE.

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Giovedì 2 Aprile 2020 - Ultimo aggiornamento: 06-04-2020 11:04 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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