La locandina dell'evento

Stelvio 200, il valico del tempo. Dal 4 al 6 luglio, auto, moto e bici storiche risaliranno il leggendario Passo per celebrarne i 200 anni

di Paolo Artemi
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Il programma è di quelli tosti: 200 anni in tre giorni. Sarà una festa che abbraccia entrambi i versanti dello Stelvio, quello lombardo e quello altoatesino. Il 4 luglio, Bormio e Glorenza accoglieranno le auto, moto e bici d’epoca: un corteo di sogni meccanici in mostra, pronti a salire verso il cielo. Il 5, la strada verrà chiusa al traffico moderno e riaperta alla memoria: alle 10 in punto, i convogli partiranno da Bormio e Trafoi, per incontrarsi a mezzogiorno sul passo. Domenica 6, una selezione dei mezzi parteciperà alla “Festa dello Stelvio”, tra bandiere, racconti e note d’ottone.

Sarà anche la prima manifestazione motoristica italiana “carbon neutral”, grazie al progetto ASI Net Zero Classic: bio-benzina, calcoli scientifici delle emissioni e sostegno a progetti ambientali in Brasile, Indonesia e India.

Hans Stuck in gara nel 1932

UNA CURVA ALLA VOLTA, 1971

Ma lo Stelvio non ha bisogno di compleanni per toccarti il cuore. Io lo incontrai per la prima volta nel giugno del 1972, quando avevo ancora più capelli che paura, e una Fiat 124 Spider gialla con i sedili neri mi sembrava tutto ciò che servisse per conquistare il mondo.

Mi avevano detto che per godere davvero il Passo dovevo muovermi presto per evitare che la strada diventasse un raduno di ciclisti e motociclisti. Partii da Tirano prima dell’alba, con il volante tre razze in alluminio e legno che pian piano diventava tiepido e la radio che gracchiava Mina. Ogni tornante era una scommessa, ogni rettilineo una conquista. Avevo vent’anni, poca esperienza e tanta leggerezza.

Fiat 124 Spider 1971

Il motore cantava come se sapesse la strada a memoria. Le curve si stringevano, la luce cresceva. All’altezza delle gallerie, l’alba esplose sul parabrezza: un lampo rosa dietro le cime innevate, il ghiacciaio dell’Ortles che si faceva specchio del cielo. Fu lì che sentii il passo dello Stelvio diventare qualcosa di più di una strada: un confine sottile tra il reale e l'immaginario.

Quando raggiunsi la cima, tremavo. Per l’emozione. Un caffè bruciato al rifugio, i primi ciclisti, una voce in tedesco che rideva forte. Avevo fatto il pieno d’aria sottile, di curve, di tempo. E stavo per cominciare una vita.

Il Passo dello Stelvio negli anni Trenta

DAL METTERNICH ALLE MANGROVIE

Due secoli prima, anche il Conte Metternich salì da queste parti a bordo di una carrozza a sei cavalli. Era il 6 luglio 1825, e la strada appena completata da Carlo Donegani univa Lombardia e Tirolo con 84 tornanti e sei gallerie. Un’opera strategica, certo. Ma anche una dichiarazione di possibilità: se si poteva salire fin qui, allora si poteva andare ovunque.

Nel tempo, lo Stelvio diventò teatro di corse leggendarie: la “Alpenfahrt” del 1898, la Coppa delle Alpi, la “Corsa più alta del mondo” dal 1932. Salirlo significava sfidare sé stessi. Farlo con stile, con eleganza, con rumore.

Oggi, grazie all’iniziativa ASI Net Zero Classic, lo si potrà fare anche con rispetto. Ogni veicolo partecipante al “200 Stelvio” sarà alimentato con bio-carburante prodotto da fonti vegetali, e ogni chilometro percorso sarà controbilanciato da progetti di riforestazione e protezione ambientale: dalle torbiere europee alle mangrovie indonesiane. Un modo per celebrare il passato pensando al futuro.

Una strada che pensa

Stelvio è una parola che sa di vento e di roccia. Di sudore e trionfo. È anche una linea che collega epoche: dal Congresso di Vienna all’era della sostenibilità, dalla carrozza di Metternich alla mia Spider del ’70, dai bolidi d’epoca ai ciclisti con il cuore in mano.

Il 6 luglio 2025, saliranno sul passo mezzi costruiti fino al 1975, moto fino al 1950, biciclette da corsa vintage. Ma soprattutto saliranno storie. E ognuno, tra le curve, troverà la propria.

Alba sul valico

Il Passo dello Stelvio oggi

Certe cose non cambiano. Anche oggi, se parti all’alba, lo Stelvio sa ancora parlarti. L’asfalto si arrampica come un nastro tirato tra due mondi. Le marmotte ti osservano in silenzio. La luce si infila tra le rocce. E quando arrivi in cima, c’è sempre un attimo in cui non dici nulla.

Perché sai che non sei tu ad aver conquistato la montagna. È lei che ti ha accolto, ancora una volta.

E allora ti fermi. Scendi. Guardi l’orizzonte. E pensi che in fondo, sì: è cominciato un nuovo giorno.

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mercoledì 18 giugno 2025 - Ultimo aggiornamento: 19:49 | © RIPRODUZIONE RISERVATA