La Utopia è la terza hypercar di Pagani dopo la Zonda e la Huayra. Ha un motore V12 6 litri da 864 cv, trazione posteriore e cambio a 7 rapporti, sequenziale elettroattuato o manuale

Pagani Utopia, l’ipersportiva analogica che viene dal passato

di Nicola Desiderio
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Il sogno di Horacio Pagani era Utopia. E così si chiama la terza creatura della factory di San Cesario sul Panaro fondata da un argentino che negli anni ’90 sognava di farsi la propria auto sportiva e vi è riuscito nel regno di Ferrari, Lamborghini e Maserati a tal punto che dopo la Zonda e la Huayra, ecco sfornare proprio la Utopia destinata a prolungare la storia di un sogno bello, impossibile eppure vero tanto che nel 2023 la Pagani compirà i suoi primi 25 anni.

La Utopia è, in un certo senso, anche il sogno impossibile di chi oggi vuole – e può sognare – una hypercar pura e analogica, dove non c’è traccia di digitale o di elettrificazione, la tecnologia è nuda e la macchina è – nel senso letterale del termine – un oggetto meccanico che solo pochi uomini possono tenere tra le mani per estrarne tutta la sua potenza e velocità. Un’automobile fatta seguendo ricette antiche, ma con tecnologie moderne e sapienze artigianali per un mix che qualcuno potrà definire anti-storico o nostalgico, ma la cui essenza sta nella passione, inesauribile quanto metodica, del suo creatore.

Ma veniamo alla macchina. Lo stile è senza dubbio quello di una Pagani. Lo dicono i quattro piccoli fari anteriori carenati, le due coppie di luci posteriori e soprattutto i quattro terminali dello scarico in titanio disposti a quadrati all’interno di un cerchio. La differenza rispetto al passato è che quest’ultimo è contornato da un’ala elittica (a incidenza variabile) ed è in posizione rialzata rispetto al cofano posteriore, quasi come lo scarico di una Formula 1.

Molto curata l’aerodinamica, soprattutto intorno ai passaruota, attraverso splitter, e nel fondo vettura che termina con due grossi estrattori. Da prototipo gli sfoghi superiori sui parafanghi anteriori, quelli preposti a pulire i flussi intorno al parabrezza e le prese d’aria dietro ai finestrini e sopra il tetto. Anche i supporti dei retrovisori hanno un profilo alare studiato e il bilanciamento della deportanza è di 46:54.

Il telaio monoscocca è in carbo-titanio HP62 G2 e Carbo-Triax HP62, che assicurano una rigidità superiore del 38% a parità di peso, con roll bar metallico perfettamente nascosto. Anche la carrozzeria ha un numero di parti ridotte del 20% per abbassare il peso. Secondo la Pagani, la rigidezza torsionale è migliorata del 10,5%. Alla cellula centrale sono collegati i telaietti anteriori e posteriori in acciaio al cromo-molibdeno per sostenere motore e sospensioni.

Quest’ultime sono a doppio triangolo sovrapposto con puntone di spinta e ammortizzatori a controllo elettronico infulcrati al centro. I freni sono carboceramici della Brembo: anteriori da 410 mm e 38 mm di spessore con pinze a 6 pistoncini ricavate dal pieno e posteriori da 390 x 34 mm con pinze a 4 pistoncini. Molto curato il raffreddamento, anche attraverso i cerchi a fissaggio monodado centrale dotati di alettatura sulla parte periferica. Quelli anteriori montano pneumatici 265/24 R21 e quelli posteriori 325/30 R22. I Pirelli PZero Corsa possono essere alternati ai SottoZero per i mesi invernali. Lo sterzo è elettromeccanico.

Prima di andare al motore, un capitolo a parte merita l’abitacolo il cui stile è, come da sempre su una Pagani, un mix di funzione, nostalgia ed estetica che celebra con le sue forme la natura meccanica di questa macchina unica. L’unico oggetto digitale è il display al centro della strumentazione, fiancheggiata dal contagiri e dal tachimetro, rigorosamente analogici così come lo sono i quattro strumenti al centro della plancia posizionati poco sopra i comandi a cursore e le manopole per la climatizzazione. Altre 5 pulsanti e due manopole sono sul tunnel centrale.

Vere e proprie sculture ricavate dal pieno sono il volante, la pedaliera e il selettore del cambio con leveraggi a vista. Quello che non è metallo è rivestito in cuoio e l’abitacolo è sormontato da due piccoli semitetti trasparenti che aumentano la luminosità dell’abitacolo. Inimitabili anche le bocchette a periscopio ispirate ai motori degli aerei. Il carbonio appare a vista sui montanti e nella parte bassa mentre per gli portarsi dietro qualcosa c’è un’unica soluzione: piccoli vani inseriti di fronte ai parafanghi anteriori e accessibili solo sollevando il cofano posteriore.

E qui appare il motore: un V12 6 litri realizzato su misura dalla AMG e pronto per superare tutte le norme di omologazione del mondo senza neppure un briciolo di elettrificazione. Pesa 262 kg, ha le bancate a 60 gradi, è sovralimentato da due turbocompressori ed eroga 864 cv a 5.800 giri/min, ma a colpire di più è la coppia di 1.100 Nm che si trova da 2.800 a 5.900 giri/min, segno che questo V12 sa spingere al massimo oltre il regime di potenza massima e può arrivare oltre, fino a 6.700 giri/min di limitatore. Con 1.280 kg, il rapporto peso/potenza è di 1,48 kg/cv.

Orientata a minimizzare la massa – e a posizionarla nel modo migliore – è il cambio trasversale realizzato dalla Xtrac, famosa per le sue trasmissioni da competizione, che è elettroattuato a 7 rapporti con frizione a triplo disco. Ma la particolarità è che si può avere anche con comando manuale. In entrambi i casi, è integrato un differenziale autobloccante a controllo elettronico. Il tutto per fornire sensazioni uniche lasciando immaginare le prestazioni della quale la Utopia è sicuramente capace. Si parla di 350 km/h per un prezzo di almeno 2,2 milioni di euro per soli 99 esemplari, già tutti venduti.

Le consegne inizieranno a partire dalla metà del 2023, ma i clienti che l'hanno già acquistata e configurata potranno sognarla tenendo tra le mani un modello in scala che riproduce tutte le personalizzazioni richieste. Un piccolo grande sogno.

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Sabato 24 Settembre 2022 - Ultimo aggiornamento: 26-09-2022 12:55 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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