La Range Rover Velar

Range Rover Velar, eleganza sportiva e tecnologica: mix perfetto di tradizione e innovazione

di Nicola Desiderio
  • condividi l'articolo
  • 5

ALESUND – Nome in codice L560, ma in realtà è il suo nome ad essere un codice. È la Range Rover Velar, il quarto modello della gamma che si inserisce tra Evoque e Range Rover Sport ed è stato battezzato con il nome dato al primo prototipo di Range Rover che girava il Regno Unito con il nome “Velar” stampato sul bordo anteriore del cofano. In realtà non era altro che l’acronimo di “Vee Eight Land Rover” ed era un chiaro riferimento a quello che c’era sotto: un V8 3,5 litri di origine Buick che sarebbe diventato il primo motore della Range Rover. Il richiamo era anche al latino “velare” ovvero nascondere, che cadeva a pennello su un’auto ancora allo stato sperimentale e tentava ovviamente di nascondere la propria vera identità.
 

Presente e futuro hanno la stessa forma. La tradizione e l’innovazione. Questo vuol dire la Velar con il suo nome e le sue forme che portano, in un certo senso, alle estreme conseguenze tutti gli stilemi classici delle Range Rover. Quelli erano nati però per una funzione, oggi invece sono l’impronta digitale di un marchio che, insieme al mondo Land Rover e Jaguar, sta crescendo rapidamente in tutti sensi raggiungendo dimensioni commerciali e industriali mai raggiunte nella sua storia. La Velar è comunque un’automobile molto bella, elegante e slanciata e la sua base tecnica è quella della Jaguar F-Pace, dunque con la scocca per oltre l’80% in alluminio e una lunghezza di 4,8 metri per posizionarsi a pieno titolo nel segmento dei Suv medi. Le forme classiche nascondono comunque soluzioni innovative come i fari con gli abbaglianti laser che arrivano a 550 metri, lo spoiler posteriore che nasconde il tergilunotto e le maniglie di apertura delle portiere che fuoriescono automaticamente e rientrano a filo della carrozzeria non appena si superano i 10 km/h.

Più schermi che manopole e pulsanti. La Velar è altrettanto bella e funzionale quanto innovativa e tecnologica al suo interno. Le forme sono ancora quelle classiche con un’eccezione: i comandi degli alzacristalli non sono sul bordo del pannello, come da tradizione, ma più in basso. Molto belli i colori e i materiali con ampia scelta tra quanto di più raffinato ci possa essere su un’automobile come l’Alcantara, la pelle Windsor e le varie essenze di legno, ma anche il carbonio e il rame. Eppure l’interfaccia uomo macchina è decisamente innovativo. La strumentazione è tutta digitale con head-up display e al centro ci sono due schermi da 10 pollici: uno superiore inclinabile e un altro inferiore annegato nel pannello nero lucido della consolle che ingloba molti dei comandi prima presenti, compresi quelli del Terrain Response lasciando che le uniche manopole “vere” rimaste siano quelle per regolare la temperatura e del cambio. Un bel passo avanti che fa piazza pulita di pulsanti anche se aumenta le impronte digitali visibili.

Quasi sportiva, ma sempre comoda. La Velar si avvia silenziosa e, dopo pochi metri, si sentono rientrare le maniglie. Le strade norvegesi non consentono velocità elevate e l’asfalto perfettamente liscio neppure di vedere fino a che punto le sospensioni assorbono le sconnessioni, ma l’impressione di comfort e netta e anche con le ruotone da 22 pollici il rumore di rotolamento non è invadente. Nettamente diverso il carattere dei due motori provati, che poi sono i due V6 3 litri di punta. Il diesel biturbo sequenziale ha 300 cv e soprattutto 700 Nm che significano grande scioltezza qualsiasi cosa venga in mente di fare, anche grazie ad un cambio a 8 rapporti che sceglie sempre e con rapidità la soluzione migliore. L’unità a benzina con compressore volumetrico da 380 cv ha ovviamente più grinta (0-100 km/h in 5,7 s e 250 km/h), ma per trovare la differenza, anche in termini di sound, bisogna farlo girare di più. In entrambi i casi, la Velar si guida con naturalezza grazie ad uno sterzo preciso e ad un assetto che limita la sensazione di stare a bordo di un’auto di queste dimensioni.
 

 

Senza riduttore, ma non sembra. La Velar se la cava molto bene anche in fuoristrada. Nonostante non possa essere dotata di riduttore, il Terrain Response mette a disposizione 4 diverse soluzioni oltre la marcia su asfalto oltre a quella automatica. Il sistema di trazione integrale ha un giunto a lamelle centrale e c’è anche un differenziale posteriore di tipo attivo che sull’asfalto compie il cosiddetto torque vectoring e in fuoristrada invece si blocca quando serve. Si adeguano inoltre la risposta del motore e del cambio, lo smorzamento degli ammortizzatori e le molle pneumatiche: in velocità si abbassano per migliorare l’aerodinamica e da fermo per facilitare l’accessibilità e le operazioni di carico, ma in fuoristrada mettono tra il suolo e il fondo della vettura 251 mm. Grazie a tutta questa dotazione tecnica, la Velar si arrampica alla grande anche su ghiaione, fango e sassi e in discesa l’Hill Descent Control (un’invenzione di Land Rover) fornisce una sensazione di grande sicurezza obbligando il guidatore a tenere semplicemente le mani sul volante, senza neppure sfiorare il pedale del freno.

A testa e a ruote alte. Raro che serva, ma si possono superare guadi alti fino a 650 mm. Quanto alle capacità di traino, quella massima è di 2.500 kg, meno di una Range Classic o di una Sport, ma più che adeguata per un’auto che il possessore di barca non vedrà l’ora di mostrare al proprio circolo nautico. Oltre a quelli provati, la gamma offre anche motori 4 cilindri: a benzina da 250 cv e 300 cv e diesel da 180 cv (5,4 litri/100 km pari a 142 g/km di CO2) e biturbo da 240 cv. Il listino parte da 58.800 euro e arriva ai 111.700 euro della First Edition che, oltre alla dotazione full optional, si distingue per la speciale tinta satinata.

  • condividi l'articolo
  • 5
Lunedì 31 Luglio 2017 - Ultimo aggiornamento: 01-08-2017 16:23 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
COMMENTA LA NOTIZIA
0 di 0 commenti presenti