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MILLERUOTE
di Giorgio Ursicino

Emissioni delle auto, il timore dell'effetto domino

Ormai evidente, il caso è diventato politico. E come negli States qualcuno ha avanzato il sospetto che le pesanti accuse ad Fca siano scattate al momento del passaggio delle consegne fra Amministrazioni, anche in Europa l’affaire emissioni è entrato a far parte del braccio di ferro Roma-Berlino che ogni tanto s’infiamma. Oltre a rispondere sul merito, i nostri Ministri hanno ricordato i principi a cui s’ispira l’Unione e anche i cardini del diritto internazionale. Parole forti come «Stato Sovrano» o «rapporti di buon vicinato» vanno evidentemente al di là di una discussione seppur accesa per far collimare pareri distanti sul software di una centralina.

Un tema, per di più, avvolto nella nebbia quasi volutamente visto quanto erano permissive le procedure di omologazione e quanto poco chiari i limiti verso i quali ci si poteva spingere nel codificare le centraline dei propulsori. Il risultato è che quello che a Roma è legale a Berlino è fuorilegge e, visto che si tratta di due paesi del G8, non sarà facile stabilire chi ha ragione. L’Italia difende la sua industria, ma anche il suo operato: i veicoli accusati dai tedeschi li ha omologati la motorizzazione del nostro paese.

Ieri la sindaca di Torino Chiara Appendino e il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino hanno visitato lo stabilimento di Mirafiori, uno dei simboli del rilancio dell’auto italiana che negli ultimi tempi ha notevolmente incrementato la produzione. Ma la polemica politica rischia di accendersi anche nel nostro paese: mercoledì Delrio riferirà in Parlamento, ma i membri del Movimento 5S della Commissione Trasporti chiedono al Ministro se è così certo «della completezza e della terzietà del rapporto inviato all’estero».

L’agenzia canadese Dbrs mette sotto osservazione il rating Fca e qualcuno arriva ad ipotizzare che l’azienda possa spostare parte della produzione in America nonostante i procedimenti negli Usa. Che lo scenario sia preoccupante non solo per i protagonisti attualmente coinvolti lo confermano gli esperti dell’associazione tedesca Duh che hanno effettuato test su numerosi modelli Euro 6: «È vero abbiamo trovato indizi di “defeat device” nella 500X che disattiva il controllo delle emissioni, ma Fca non è l’unico costruttore a ricorrere a sistemi del genere: è in buona compagnia».

Proseguendo su questa linea, il nostro governo che, a sua volta ha fatto effettuare test non solo sui modelli omologati dal Mit ma su molti di quelli in circolazione, potrebbe chiedere spiegazioni a Berlino e a Bruxelles su vetture tedesche aprendo un contenzioso senza fine. Appare ormai chiaro che in molti hanno interpretato l’art. 5.2 del regolamento 715/2007/CE (consente di intervenire con il software per proteggere il motore dai rischi di danneggiamento) in maniera un po’ allegra perché i confini erano poco chiari.

E a quell’articolo si è appellata la risposta del Mit per sostenere la totale conformità alla legge della 500X: secondo il nostro ministero si può parlare di “defeat device” quando il software riconosce che si è su un banco prova e non in strada. L’Italia risponde alle accuse per le rime. Dice il falso Bruxelles quando sostiene che Roma ha disdetto gli appuntamenti perché ciò non è mai avvenuto. Mente Berlino quando dice che «i risultati dell’indagine tedesca coincidono con quelli della Ue» in quanto non risulta che l’Unione abbia mai effettuato sue verifiche.

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Mercoledì 18 Gennaio 2017 - Ultimo aggiornamento: 19:44 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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